di Narciso Ibáñez Serrador (Spagna, 1970)
Nato in Uruguay nel 1935 ma naturalizzato spagnolo, Narciso Ibáñez Serrador ha diretto in carriera soltanto due film per poi dedicarsi interamente al mondo della televisione sia come regista che come sceneggiatore. Si tratta però di due opere di fondamentale importanza per il cinema di genere iberico e non solo: “Ma Come Si Può Uccidere Un Bambino?” (1976) è un cult movie di cui abbiamo già parlato in lungo e in largo mentre il precedente “Gli Orrori Del Liceo Femminile” (“La Residencia”) ha persino una maggiore importanza storica, considerando il fatto che ha ispirato molte pellicole successive (in parte anche “Suspiria” di Dario Argento).
La storia si svolge in un collegio francese durante il diciannovesimo secolo, un luogo cupo e claustrofobico nel quale vivono alcune studentesse, una direttrice autoritaria (Madame Fourneau, una bravissima Lilli Palmer) e il figlio di quest’ultima, un ragazzino adolescente di nome Luis che la madre tiene segregato onde evitare contatti pericolosi tra lui e le ragazze. La quiete apparente è però funestata da una serie di misteriosi delitti, qualcuno uccide le giovani e le fa sparire facendo pensare a una loro fuga. In realtà è molto complicato scappare dal collegio, all’inizio del film la telecamera si sofferma proprio sulla catena che chiude inesorabilmente il cancello dell’entrata: è l’oppressione del regime franchista, una critica non troppo velata che Serrador muove anche nei confronti della religione (il montaggio alternato tra le preghiere e le frustate). L’ambiente austero (ottima la fotografia, così come le scenografie) garantisce quel mood severo che schiaccia persino i sottili ma onnipresenti sentori erotici che attraversano la pellicola, tutto è represso in quel lager dove spiccano le uniformi e un feticismo marcato e mai rassicurante.
“Gli Orrori Del Liceo Femminile” carbura molto lentamente e bisogna attendere quaranta minuti per assistere al primo omicidio, una scena veramente splendida girata in slow-motion e suggellata da uno straniante accompagnamento pianistico. Siamo a cavallo tra i 60s e i 70s e in Spagna ancora nessun regista aveva utilizzato il ralenti per riprendere un delitto: Narciso Ibáñez Serrador lo fa e si supera anche nei successivi controversi accadimenti, esasperando la tensione e catapultandoci in un finale macabro e raccapricciante. Impossibile affacciarsi negli anni settanta senza passare da questo lungometraggio, un horror post-gotico intriso di significati ben più profondi della storia stessa. In Spagna possono andare fieri di un regista come Serrador, peccato che abbia dato solo un apporto minimo al cinema che tanto piace a noi.
(Paolo Chemnitz)