di Narciso Ibáñez Serrador (Spagna, 1976)
Narciso Ibáñez Serrador è scolpito nella memoria degli appassionati di cinema di genere per soli due film: “La Residencia” (1970, da noi “Gli Orrori Del Liceo Femminile”, opera importante per il successivo sviluppo di “Suspiria” di Dario Argento) e questo “¿Quién Puede Matar A Un Niño?” (tradotto alla lettera nell’edizione italiana), anche perché il regista uruguaiano naturalizzato spagnolo aveva già intrapreso con successo la strada delle fiction televisive che lo terranno impegnato per tutta la sua carriera.
Una coppia di turisti inglesi in vacanza affitta una barca per recarsi su un’isola incontaminata: appena arrivati, i due protagonisti si imbattono in un’atmosfera sinistra di completo abbandono, come se le persone fossero tutte scappate in preda al panico. Ad accoglierli però ci sono alcuni bambini che fin da subito si dimostrano ostili e inquietanti senza proferire parola, ragazzini violenti pronti ad ammazzare chiunque (tra gli adulti) provi a fuggire da quel paese fantasma. Senza darci nessuna spiegazione sull’origine di questi eventi (anche se le immagini dell’incipit farebbero pensare ad altro), Serrador ci immerge dentro un film oscuro e claustrofobico, nonostante il colore dominante sia il bianco accecante delle case illuminato dal sole estivo. La sensazione continua di assedio è lampante, sia quando i sopravvissuti restano barricati all’interno di un albergo, sia quando i bambini si schierano davanti a loro in una delle scene più celebri del film, con rimandi espliciti a “Gli Uccelli” (1963) di Hitchcock. Il regista non ricorre a particolari truculenti, ma riesce a far trapelare un sadismo di fondo veramente raggelante, proprio perché i protagonisti negativi sono un gruppo di bambini psicopatici e pericolosi (un tema che curiosamente riprenderà Stephen King l’anno successivo con il celebre racconto “Children Of The Corn”).
In “Ma Come Si Può Uccidere Un Bambino?” la tensione si taglia con il coltello e le dinamiche che coinvolgono questi pargoli sono politicamente scorrette e intrise di un pathos poco rassicurante che ci trasporta verso un finale crudo ma inevitabile. Serrador ribalta in parte le regole del genere: qui infatti i ragazzini cattivi e le suggestive atmosfere diurne sostituiscono il mondo malvagio degli adulti e gli orrori della notte (in realtà superati da tempo dopo la chiusura del ciclo horror di matrice gotica), una nota di merito a margine che eleva ulteriormente un prodotto tra i migliori mai usciti dalle terre iberiche nell’ambito che a noi interessa.
Esiste un remake messicano del 2012 intitolato “Come Out And Play”, ben fatto ma poco coraggioso, perciò inutile. Noi ci teniamo stretti questa perla, la quale ancora oggi risuona minacciosa da quel silente villaggio di pescatori.
(Paolo Chemnitz)