Häxan

haxandi Benjamin Christensen (Svezia/Danimarca, 1922)

Sono trascorsi quasi cento anni dall’uscita di “Häxan”, eppure non ho ancora visto una pellicola capace di eguagliare le incredibili atmosfere diaboliche e stregonesche presenti in questo film. Una ricostruzione minuziosa e suggestiva, all’epoca costata la bellezza di due milioni di corone svedesi (facendo una semplice proporzione, ancora oggi per nessun lungometraggio dell’intera area scandinava è mai stato speso così tanto!). Eppure Benjamin Christensen non ha mai ricevuto tanti onori ed elogi come è accaduto per altri pionieri del cinema muto, questo perché “Häxan” tocca delle tematiche controverse, blasfeme e persino anticlericali (l’opera in Svezia subì alcuni tagli mentre in America fu direttamente censurata).
Il film si divide in quattro sezioni diverse tra loro: inizialmente si tratta di un vero e proprio documentario, attraverso il quale il regista danese ci inoltra nell’immaginario oscuro di antiche popolazioni, le quali raffiguravano demoni e altre creature sovrannaturali temendone gli influssi negativi. Quello che poi esplode definitivamente nel Medioevo, quando l’inquisizione diventa spietata: nel passaggio più celebre della pellicola, vediamo una vecchia mendicante accusata di stregoneria e quindi torturata e costretta ad ammettere la sua colpevolezza. La donna confessa di aver preso parte a un sabba, descrivendone perfettamente alcuni momenti, come l’unzione del corpo, il sacrificio dei neonati o il bacio sacrilego sul fondoschiena del diavolo, uno scenario notturno da brividi che merita di entrare nella storia del cinema dalla porta principale.Haxan-1-martinklaschChristensen (che nel film interpreta proprio il diavolo!) ha un’attenzione maniacale verso i volti dei personaggi, spesso immortalati con molta naturalezza senza ricorrere alla recitazione istrionica e alla mimica tipica del periodo. Nulla è lasciato al caso, neppure le incredibili scenografie che rendono tutto così avvolgente, surreale, magico, con più di un riferimento alla pittura fiamminga (Hieronymus Bosch in primis) e alle opere di Goya. “Häxan” ha una carica iconografica strabiliante e inquietante (il bianco e nero virato al seppia mostra alcune sfumature impensabili), chissà come deve essere stato poterlo assaporare in sala durante gli anni venti, quando le immagini venivano accompagnate da un’orchestra dal vivo! Successivamente l’opera ha conosciuto diverse versioni (una addirittura con la voce narrante di William Burroughs), fino al restauro di inizio millennio che ci ha consegnato una definitiva edizione home video di 104 minuti.
Benjamin Christensen si era documentato leggendo il Malleus Maleficarum e la sua ampia conoscenza della materia si tramuta in uno studio antropologico dai risvolti fantastici: quello che ci preme sottolineare è lo spirito avanguardistico di “Häxan”, un film capace di porsi al di là della sua epoca di provenienza e non solo da un punto di vista estetico. Concettualmente infatti Christensen si muove in un territorio bollente, aggirando il politicamente corretto e anticipando persino il cinema conventuale che vedremo cinquant’anni dopo. Le suore tentate dal demonio e in preda a un delirio collettivo incarnano quella stessa deriva allucinata che poi ritroveremo (diversamente) in molti lavori successivi (“La Novizia Indemoniata” su tutti, senza per forza scomodare titoli di ben altra caratura come ad esempio il datato “Madre Giovanna Degli Angeli” o il più celebre “I Diavoli”).
“Häxan” (in Italia denominato “La Stregoneria Attraverso i Secoli”) è un passaggio obbligato per tutti gli amanti della settima arte. Un mondo perduto al confine tra isterismo, superstizione, folklore e religione: è proprio il caso di dirlo, nel 1922 fu realizzato uno dei migliori horror della storia.

5

(Paolo Chemnitz)

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