I Diavoli

the devilsdi Ken Russell (Gran Bretagna, 1971)

Nel lontano 1634 in una piccola cittadina francese avvenne il più famoso caso di possessione demoniaca di massa della storia. Da questi eventi è stato tratto il libro I Diavoli Di Loudun del britannico Aldous Huxley, da cui poi John Whiting si è ispirato per un dramma teatrale nel 1960. Solo un grande visionario come Ken Russell poteva riprendere in mano queste controverse vicende storiche trasformandole in sconvolgente anarchia, ponendosi in totale antitesi alla sobria estetica di Jerzy Kawalerowicz, regista polacco che nel 1961 diresse l’ammaliante “Madre Giovanna Degli Angeli” (un’altra pellicola figlia diretta di questo celebre avvenimento).
Durante la prima metà del XVII° secolo il cardinale Richelieu – ristabilita la pace dopo le guerre di religione – per consolidare il potere regio, invia il barone di Laubardemont a Loudun con l’incarico di abbatterne le fortificazioni. Ma il prete Urbain Grandier (a cui sono stati conferiti pieni poteri fino all’elezione di un nuovo governatore) si oppone alla decisione di buttare giù le mura, consapevole che questo sarebbe il primo passo per la completa revoca della libertà e dell’autonomia cittadina. Grandier è un uomo carismatico e affascinante, piace alla gente così come piace alle suore Orsoline di Loudun: il prete intraprende numerose relazioni con le sue penitenti ma quando Madre Jeanne degli Angeli (la superiora del convento) mette gli occhi su di lui, la storia prende la piega di una contorta e morbosa ossessione.

tumblr_oazk3mlEVr1s39hlao2_500“I Diavoli” (“The Devils”) è puro isterismo e continua provocazione, un film diretto magistralmente da un Ken Russell qui assolutamente ispirato. La messa in scena è barocca, poiché ogni inquadratura è appesantita da personaggi convulsi e scenografie imponenti: possiamo toccare con mano uomini e oggetti che si compattano in una poltiglia fiammeggiante, ecco che quindi ritorna il caos inteso come liberazione edonistica in opposizione alle costrizioni spirituali. Il retaggio storico viene quindi fagocitato da un caleidoscopio di immagini ricche di furiosa intensità, come se ogni sequenza fosse il risultato di una bomba appena esplosa. Questo continuo movimento mette in circolo una rivoluzione ben più attuale di una semplice testimonianza legata alla possessione, motivo per il quale “I Diavoli” è da sempre considerato uno dei titoli blasfemi per eccellenza. Presentata a Venezia nel 1971, la pellicola fu accusata di volgarità e faziosità (scandalizzando buona parte della critica), mentre pochi mesi dopo arrivò puntuale il sequestro dalle sale cinematografiche italiane.
Quello di Russell è un film sopra le righe in tutto e per tutto: Oliver Reed è in stato di grazia, Vanessa Redgrave è sinuosamente inquietante, “I Diavoli” sono praticamente dei serpenti velenosi pronti a morire pur di raggiungere il loro scopo. Che il genere conventuale esploso durante gli anni settanta prenda spunto da questa pellicola è un dato di fatto, ma quello di Ken Russell è un lavoro che si pone al di là della religione e di quattro suore in preda a oscuri pruriti sessuali. Con “I Diavoli” inoltre veniamo catapultati oltre la soglia del dualismo bene contro male, termini che si annullano a vicenda assimilati da questa spirale di inarrestabile perversione.
Il piacere carnale, la tortura, il dolore, la teatralità dei movimenti, una lezione fondamentale che ritroveremo dopo pochi anni nel linguaggio dei connazionali Derek Jarman (qui scenografo) e Peter Greenaway. Il primo più esibizionista ma anche capace di svolte intimiste, il secondo invece eccentrico e intellettuale fino al midollo. “I Diavoli” è un passaggio obbligato per tutto il nostro amato cinema di confine: visionario, iconoclasta, quasi surreale, un istinto anticonformista in cui il demonio fa quasi da spettatore, sghignazzando sul materialismo dilagante di ogni individuo.

5

(Paolo Chemnitz)

the-devils

 

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