di Joe D’Amato (Italia, 1975)
Con le sue pellicole, Joe D’Amato ha sempre creato un mondo a parte, lontano dagli stereotipi del cinema di genere italiano. Non si può infatti negare che anche nel nostro panorama mancasse a volte una certa originalità di fondo: un meccanismo sicuramente rodato ma a tratti ridondante che si ripeteva in maniera ossessiva con prodotti derivativi meno efficaci rispetto ai pilastri di riferimento (pensiamo ad alcuni trascurabili gialli o poliziotteschi). D’Amato invece prediligeva la commistione e la contaminazione, così – a parte i suoi horror duri e puri – molte delle sue opere realizzate dalla seconda metà dei 70s fino ai primissimi anni ottanta conservano dei tratti non sempre definiti, come ad esempio questo “Emanuelle e Françoise (Le Sorelline)”, un ibrido vincente tra thriller, erotico e revenge movie.
Nonostante il titolo, il film non ha niente a che vedere con la serie dedicata a Emanuelle nera. Joe D’Amato scrive e dirige (con l’ausilio di Bruno Mattei) una storia che ricalca quella di uno sconosciuto lungometraggio greco rimasto inedito in Italia, “The Wild Pussycat” (1969) di Dimis Dadiras.
Françoise (Patrizia Gori) è una modella costretta a prostituirsi dal fidanzato Carlo (Luigi Montefiori interpreta questo giovane inaffidabile costantemente alla ricerca di soldi). Stanca delle umiliazioni subite, la ragazza di suicida, scatenando la reazione della sorella Emanuelle (Rosemarie Lindt), la quale escogita un piano diabolico per vendicarsi. La donna incontra Carlo e lo convince a seguirla nella sua abitazione: qui Emanuelle droga il protagonista, rinchiudendolo e incatenandolo all’interno di un stanza, dove l’uomo attraverso una parete a specchio può assistere a tutto ciò che accade nella sala adiacente (senza però essere visto da fuori). Carlo si ritrova così immerso in un angusto mondo di perdizione, tra spogliarelli, rapporti sessuali e una serie di allucinazioni (causate dalla droga) che travalicano la realtà. Queste immagini ci mostrano un Joe D’Amato perverso e visionario, poiché tra questi deliri spicca sontuosa una delle scene più controverse del suo cinema, quella del banchetto cannibalico, un magnifico momento cult che rimane impresso tra i migliori della sua sterminata filmografia.
“Emanuelle e Françoise (Le Sorelline)” è un film che si evolve in maniera sorprendente, anche nel beffardo e cinico finale, una chiusura del cerchio degna del più claustrofobico degli horror. Il regista romano non ci risparmia nulla: sangue, violenza, amplessi saffici, masturbazione e un tentativo di castrazione, un compendio sadico e variegato per un prodotto a nostro avviso sottovalutato e mai troppo preso in considerazione dagli appassionati. Inoltre, come in tanti revenge movie del periodo, c’è un substrato concettuale permeato da un certo femminismo (Emanuelle è una giornalista furba, emancipata, intelligente, una vera mantide capace di sottomettere l’uomo). Ma Joe D’Amato non si ferma di certo alle rigide regole del rape & revenge, ammantando la pellicola di infinite suggestioni che si accavallano di continuo. Un b-movie morboso (e per giunta ben girato) che abbraccia quindi il thriller surreale e le dinamiche più truci di taglio exploitation, un ennesimo piccolo miracolo che entra di diritto tra le migliori cose mai prodotte dal compianto zio Aristide. Guilty pleasure totale.
(Paolo Chemnitz)