Zombi

zombidi George A. Romero (Stati Uniti/Italia, 1978)

Parlare nel 2019 di “Zombi” (“Dawn Of The Dead”) forse significa soltanto ribadire quanto è stato detto in passato dalla critica ufficiale e non, tuttavia scrivere due righe su questa pietra miliare del cinema horror moderno non è mai un peccato. In realtà avevamo già trattato questo lavoro in un’ottica legata al pessimismo romeriano (per leggere l’articolo cliccate qui), perché è chiaro fin da subito che per George A. Romero il nemico principale dell’uomo è l’uomo stesso, non i morti viventi. Homo homini lupus.
Con questa retrospettiva ci focalizziamo invece su altri aspetti non meno importanti di questa pellicola, un’opera che taglia i ponti con l’America culturalmente devastata dal conflitto nel Vietnam (“La Notte Dei Morti Viventi”) per fare un passo in avanti di ben dieci anni, quando ormai il benessere e il progresso corrispondono definitivamente al consumismo più becero. Gli Stati Uniti stanno per lasciarsi alle spalle un decennio politicamente complesso, per entrare in un’epoca – gli anni ottanta – dove al comando delle operazioni troviamo un certo Ronald Reagan. Romero, prima che il cinema a stelle e strisce cominci spudoratamente ad autocelebrarsi sotto le ali del nuovo presidente, rade completamente al suolo il sogno americano: una visione lungimirante che trova il suo naturale compimento nel terzo capitolo della prima trilogia del regista, ovvero con “Il Giorno Degli Zombi” (1985), una critica nerissima al militarismo.
tumblr_lpusndPI6i1qb7328o1_500Il centro commerciale è ormai diventato un (non) luogo nevralgico in cui molti individui si ritrovano per svolgere numerose attività, soprattutto se pensiamo all’imponente Monroeville Mall nei pressi di Pittsburgh (dove per giunta da poco tempo è stato eretto un busto di bronzo in ricordo del regista scomparso). Quando il film si sposta dagli spazi aperti disseminati ovunque di zombi all’inquietante silenzio apocalittico di questo posto ricco di viveri e di beni materiali, l’azione diventa claustrofobica e “Zombi” si trasforma in puro cinema d’assedio. Un doppio assedio: là fuori ci sono sia i morti viventi appena estromessi a fatica da quei grandi magazzini (l’istinto li porta a tornare lì, attirati dalle brillanti luci del capitalismo), sia gli sciacalli che solo attraverso continue razzie sono riusciti a sopravvivere tra le strade infuocate della Pennsylvania. Un caos che si eleva al quadrato e che si abbatte inesorabilmente sui quattro fuggiaschi, Stephen, Peter, Jane e il già predestinato Roger. La forza del film è proprio quella di saper raddoppiare i pericoli, alzando di continuo l’asticella fino a farla esplodere nel convulso e straziante finale, in cui siamo costretti a lasciare quel centro commerciale che in qualche modo eravamo riusciti a conquistare insieme ai protagonisti, corridoio dopo corridoio.
When there’s no more room in hell, the dead will walk the earth”. Questa è una frase tra le più celebri mai ascoltate nel cinema horror, è sinistra e incute timore: nonostante il suo flavour metafisico, essa ci riporta direttamente alle condizioni del nostro pianeta, sempre più sovrappopolato e dilaniato da disastri ambientali. Romero è consapevole che i ricchi saranno ancora più ricchi e i poveri dovranno scannarsi tra di loro per sopravvivere (concetti espressi in maniera esplicita con “Land Of The Dead”), anche per questo motivo possiamo interpretare il suddetto slogan di lancio del film con uno spirito molto più realistico, un allarme sulla fine dei tempi in cui l’uomo sarà costretto a cibarsi dei suoi simili, perché non ci sarà più posto all’inferno (ovvero la Terra stessa). La soluzione finale prevista da Romero è per giunta molto più viscerale e crudele rispetto all’orrendo espediente assaporato nel profetico “Soylent Green” (1973), poiché qui l’uomo torna in vita per mangiare quello che una volta era a sua immagine e somiglianza, straziandone le carni a morsi per poi divorarlo. Anche se gli zombi sono dei mostri spaventosi dal volto tumefatto e verdognolo, in fondo per il regista americano essi sono uomini non pensanti come tanti ce ne sono in giro per il mondo, un indizio in più per poter tranquillamente parlare di cannibalismo. Si soccombe tra fratelli, con la giusta dose di ironia.
tumblr_nk8nfwJ9Hj1rp0vkjo1_500“Zombi” è uno di quei film dove ogni pezzo si incastra perfettamente con il successivo, non a caso anche il contributo musicale dei Goblin risulta una tessera del puzzle senza la quale non si sarebbero raggiunti tali risultati. Merito di Dario Argento (incisiva la sua presenza) e di una produzione (anche) italiana di cui possiamo andare orgogliosi, nel ricordo di quanto pesava a livello internazionale la nostra scuola cinematografica (senza contare l’amicizia stessa tra Argento e Romero, sincera sia dal punto di vista umano che da quello prettamente lavorativo). Sono troppe le sensazioni e le emozioni presenti tra questi fotogrammi, riflessi trasversali che vanno oltre la durata effettiva del film. Ecco perché “Zombi” non è solo un’opera immortale ma è anche una lezione di vita sulla realtà che ci circonda, un monumento da brividi messo in scena da un uomo intelligente, sensibile e talentuoso come George A. Romero. Quanto ci manca.

5

(Paolo Chemnitz)

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One thought on “Zombi

  1. E’ un film meraviglioso e perfetto. Un film che ha anticipato di molto certi eventi che sarebbero successi (come l’avvento dei centri commerciali) con delle tematiche forti dove alla fine il vero pericolo non è lo zombie ma l’umano e l’attaccamento che ha verso le cose materiali. Ottima recensione!

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