di Xavier Gens (Canada/Stati Uniti/Francia, 2011)
Xavier Gens è salito alla ribalta nel 2007, durante il periodo d’oro dell’horror francese. “Frontier(s)” resta ancora oggi uno dei titoli di punta di quella magnifica ondata di sangue e violenza, poi dissipatasi lentamente per una serie di motivi. Con quell’opera però il regista di Dunkerque dimostrava di possedere un gusto meno europeo e più legato alle influenze di stampo americano, un’esperienza che proiettata quindi in una dimensione internazionale avrebbe potuto regalare ulteriori soddisfazioni (in chiave commerciale). “The Divide” è stata la risposta, una co-produzione tra Canada, Francia, Germania e Stati Uniti con un budget di tre milioni di dollari: in apparenza un blockbuster a tema catastrofico, in realtà un film molto più stratificato che utilizza un linguaggio legato al cinema di genere, lasciando (per fortuna) da parte il politicamente corretto.
Si inizia a razzo, l’orizzonte è attraversato da un bagliore nucleare, New York è in subbuglio e un gruppo di persone trova rifugio in un bunker sotterraneo costruito nel condominio dove abitano. A guidarli c’è Mickey, il rozzo proprietario di quella cantina. “The Divide” in pratica è tutto qui, un Grande Fratello apocalittico che mette a confronto una serie di personaggi (ognuno caratterizzato in maniera diversa) costretti ben presto a lottare per il cibo o per prendere delle decisioni importanti. Una lenta discesa nella follia, nella quale Xavier Gens mette a nudo l’egoismo e la cattiveria dell’essere umano, creando fazioni, divisioni, tradimenti e aggiungendo al menu una dose non indifferente di sangue e sadismo assortito.
Il film non è propriamente un horror, ma è un angusto e cinico thriller che si apre ad alcune derive sci-fi non del tutto chiare: quando la piccola figlia di Marilyn viene trascinata via con la forza da un gruppo di militari in tuta bianca appena penetrati nel bunker, la ritroviamo poco dopo in stato comatoso all’interno di una capsula di un laboratorio. Xavier Gens non ci dà alcuna spiegazione, ma in quasi due ore accumula elementi che a lungo andare restano irrisolti all’interno di una sceneggiatura non eccessivamente curata. Come ad esempio nella parte finale, prolungata oltremisura quando in realtà si poteva chiudere la storia in maniera più secca e diretta. “The Divide” vive quindi di sprazzi, di fiammate, di torture e di stupri ma anche di travestimenti, un’infame escalation paranoica che dalle scatole di fagioli prevede la possibilità concreta di cibarsi di carne umana. Senza tutto questo caos brutale e disumano, il film sarebbe finito dritto nel dimenticatoio, invece l’elemento disturbante è il motore che trascina lo spettatore dentro un nichilismo nero e putrido.
Peccato per l’indecisione di fondo: fantathriller oppure pseudohorror post-atomico? Dialoghi banali e personaggi stereotipati oppure qualche mirabolante affondo per sorprendere il pubblico? In effetti Xavier Gens non ci fa mancare nulla, ma le sfumature non prendono mai forma e sostanza e a fine visione quel che resta impresso è solo legato ai tanti episodi di cui sopra. Però non ci si annoia mai e non è poco.
(Paolo Chemnitz)