
di Stanislav Govorukhin (Russia, 1999)
Se “The Rifleman Of The Voroshilov Regiment” (“Voroshilovskiy Strelok”) è un revenge movie molto conosciuto in Russia, dalle nostre parti nessuno (o quasi) ne ha mai sentito parlare. Questo perché, nel corso dei 90s, il cinema proveniente dal blocco ex sovietico stava ancora trovando la sua giusta dimensione, prima della grande esplosione su scala internazionale avvenuta negli ultimi vent’anni.
Nel caso in esame, siamo decisamente lontani da una vendetta in stile “Death Wish” (1974), soprattutto perché manca quell’oscuro contorno metropolitano tipico di alcune pellicole statunitensi di vecchia data. Il regista Stanislav Govorukhin punta invece sul ritmo, sulla psicologia dell’anziano protagonista e su una scena madre molto dura da mandare giù: ci riferiamo allo stupro di gruppo in cui è coinvolta la giovane Katya, un’ingenua ragazzina attirata con una scusa nella casa dei vicini (tre balordi privi di quoziente intellettivo) e qui violentata a turno senza pietà. Una sequenza che già dopo pochi minuti sconvolge le carte sul tavolo, mettendoci letteralmente con le spalle al muro. Katya però vive con il nonno Ivan Fyodorovich (un bravissimo Mikhail Ulyanov), un veterano della seconda guerra mondiale ancora molto abile con le armi. Non è dunque difficile intuire l’evoluzione dell’opera, destinata a scatenare una vendetta studiata nei minimi particolari.
Girato con un budget abbastanza esiguo, “The Rifleman Of The Voroshilov Regiment” è un lungometraggio che procede in maniera impulsiva, lasciando completamente in disparte sia la tensione che le (ipotetiche) dinamiche da thriller: la partenza a razzo è la prova schiacciante delle intenzioni del regista, capace di risollevare nel buon epilogo un prodotto senza dubbio meno brillante durante la fase centrale, quando non sempre si rivela coinvolgente il bilanciamento tra gli aspetti drammatici delle vicende e gli sparuti elementi di marca crime (il ruolo ambiguo della polizia aggiunge poco sale alla storia).
Stanislav Govorukhin riesce a conferire una spiccata umanità al protagonista del film: egli infatti non è il solito vendicatore solitario, bensì un uomo (anche) sensibile che non trova pace davanti alla feroce violenza subita dalla nipote (l’onore della famiglia viene prima di ogni cosa). Inoltre, la pellicola sembra volerci suggerire un confronto impietoso tra l’orgoglio delle vecchie generazioni e il vuoto siderale presente in tanti giovani cresciuti senza punti di riferimento dopo il crollo del blocco socialista (non a caso, i tre aguzzini altro non sono che dei ventenni viziati e annoiati). In definitiva, “The Rifleman Of The Voroshilov Regiment” si rivela un film probabilmente sopravvalutato in patria ma allo stesso tempo sottovalutato in terra occidentale, dove la vendetta ha sempre avuto un sapore ben diverso. Questa è l’occasione giusta per assaggiare quella di un testardo e incazzato veterano sovietico.

(Paolo Chemnitz)
