
di Rick Rosenthal (Stati Uniti, 1981)
La maratona ideale del trentuno ottobre per noi è una sola, ovvero riguardarsi per la centesima volta “Halloween” (1978) di John Carpenter abbinato al primo sequel del 1981, un film che riparte esattamente dall’epilogo del succitato capolavoro. “Halloween II – Il Signore Della Morte” diventa dunque una sorta di secondo tempo (meno riuscito) dell’opera originaria, una pellicola che si sviluppa anch’essa all’interno di un arco temporale molto ristretto (quella notte maledetta è ancora lunga per i cittadini di Haddonfield).
Anche se i proiettili sparati dal Dottor Loomis (quanto ci manca Donald Pleasence) hanno colpito in pieno Michael Myers, lo psicopatico in maschera riesce a scappare seminando nuovamente il panico in una zona residenziale già terrorizzata dagli eventi precedenti. Nel frattempo, Laurie Strode (Jamie Lee Curtis) viene ricoverata in ospedale, proprio in seguito all’aggressione dell’inquietante villain. Sotto questo punto di vista, “Halloween II” è un film importante, poiché mette in luce lo stretto rapporto che intercorre tra Michael Myers e la giovane Laurie, una donna segnata da un’infanzia controversa.

La mano di John Carpenter, qui nelle vesti di sceneggiatore e produttore (senza dimenticare la classica variazione sul tema per quanto riguarda la colonna sonora), si sente eccome: nonostante la regia sia affidata a Rick Rosenthal, fin dalle prime inquadrature salta subito all’occhio la continuità estetica tra le due pellicole (l’utilizzo della soggettiva è un elemento sfruttato a dovere), un filo conduttore capace di segnare in positivo anche le atmosfere stesse del film (la fotografia notturna mette i brividi, merito di Dean Cundey, un’altra carta vincente ripescata dal primo capitolo).
Tra “Halloween” e “Halloween II” trascorrono soltanto tre anni, eppure in quel determinato periodo di tempo il cinema horror cambia pelle in maniera radicale: questo è il motivo per cui la pellicola di Rick Rosenthal viene giustamente associata alla celebre epopea slasher di inizio 80s, pur cercando di rappresentare qualcosa di maggiormente stratificato (Michael Myers come archetipo del Male assoluto). Il risultato non ammette dubbi, perché “Halloween II” è uno slasher duro e puro dal quale emerge una voglia matta di far scorrere del sangue, ampliando dunque la componente ferale ma riducendo inesorabilmente la dimensione angosciosa di queste vicende. Non a caso Michael Myers è ormai diventato un mostro invincibile (“I shot him six times! I shot him in the heart, but… he’s not human!”), di conseguenza molte situazioni del film ruotano attorno alla sua aura sovraumana, quasi a voler accentuare gli aspetti più sinistri e malvagi di una caratterizzazione già perfetta a prescindere.
Tuttavia “Halloween II” non ha mai fatto impazzire né la critica specializzata né lo stesso John Carpenter, il quale rimase abbastanza deluso da questo sequel. In effetti, non c’è gara tra l’acclamata opera prima e questo secondo capitolo non privo di intoppi, però è anche vero che la saga di Michael Myers si può ridurre effettivamente a questi due lungometraggi, la base su cui poi è stato costruito, con risultati a volte persino scadenti, tutto il resto. Ecco perché a noi “Hallowen II” piace ancora oggi: è un horror dove si respira a pieni polmoni qualcosa di veramente malefico, un terrore primordiale nato per sconvolgere l’apparente serenità di una cittadina di provincia.

(Paolo Chemnitz)
