
di Beth De Araújo (Stati Uniti, 2022)
“Soft & Quiet” è un colpo a sorpresa targato Blumhouse Productions. Beth De Araújo (qui al suo primo lungometraggio) firma infatti una pellicola ben lontana dagli horror destinati alle sale cinematografiche di tutto il mondo, pur mantenendo vivo quell’approccio socio-politico molto in voga durante gli ultimi anni (pensiamo a “Get Out” di Jordan Peele, uno dei film di maggior successo di marca Blumhouse).
La regista americana (di origini brasiliane) dirige un thriller disturbante ambientato nell’arco di un pomeriggio: novanta minuti girati con un singolo piano sequenza, per una storia dal ritmo indiavolato che vede come interprete principale una maestra elementare di nome Emily (Stefanie Estes). Una volta uscita da scuola, questa elegante signora si reca a un appuntamento misterioso. Lì con lei, ci sono altre cinque donne che discutono animatamente sul ruolo sempre meno decisivo dei bianchi nel tessuto sociale, ormai schiacciati (a detta loro) dall’ascesa dei neri e dalle varie organizzazioni che li supportano (Black Lives Matter e via dicendo). Mentre imperversa il dibattito e si cerca di capire come far crescere questo piccolo gruppo (denominato daughters for aryan unity), Emily offre alle sue colleghe una torta con una svastica disegnata sopra. C’è poco da aggiungere, queste sei tizie odiano profondamente gli stranieri (come se i bianchi negli States fossero di casa!), lasciando trasparire un grande senso di frustrazione nei loro confronti. L’occasione per far esplodere tutto questo rancore giunge puntuale una ventina di minuti dopo.
Il titolo dell’opera si riferisce ad alcune signore della borghesia americana, in apparenza soft & quiet white women ma in realtà fortemente razziste e intolleranti nei confronti dei meticci o dei neri. L’originalità del prodotto risiede proprio in questo particolare affresco al femminile, nel quale emergono tutte le paure, le insicurezze, le cattiverie (ma anche il sadismo gratuito) di queste persone. Quando gli eventi prendono una piega tragica, il film penetra ancora più a fondo nella psicologia del gruppo, svelando sia il carattere psicopatico che quello maggiormente manipolabile (per non dire fragile) delle varie protagoniste, in attesa di un epilogo meno straripante del previsto eppure altamente infame.
Beth De Araújo prende così le distanze sia dagli stereotipi horror di marca Blumhouse che dal cinema estremo di matrice underground incentrato sui più feroci neonazisti americani (“Hate Crime” per fortuna ce lo ricordiamo in pochi). Questa volta la palla passa in mano al gentil sesso, per uno sguardo alternativo nei confronti di un problema ben radicato nella società a stelle e strisce, dove basta un piccolo screzio per tirare fuori le pistole o quella rabbia incontrollata destinata a sfociare nella violenza più cieca. Segnatevi in grassetto questo “Soft & Quiet”, ne sentiremo parlare anche qui in Italia.

(Paolo Chemnitz)
