
di Johannes Hartmann (Svizzera, 2022)
La storia di Heidi parte da molto lontano, esattamente nel 1880, anno nel quale fu pubblicato l’omonimo romanzo per ragazzi (scritto da Johanna Spyri) ambientato tra le Alpi svizzere e la Germania. Durante lo scorso secolo, sono state parecchie le trasposizioni televisive o cinematografiche dedicate all’opera (tra le tante, è impossibile dimenticare il celebre cartone animato giapponese del 1974). All’appello mancava giusto una versione exploitation incentrata sulla pastorella in esame: ci hanno pensato i produttori di “Iron Sky” (2012), già attivi da molto tempo con un crowdfunding e poi con una campagna mediatica a dir poco tambureggiante. Anche se non tutto è andato liscio durante la realizzazione del film, “Mad Heidi” adesso è realtà, swissploitation (come suggerito dai titoli iniziali) allo stato puro.
Qui la protagonista (Alice Lucy) non è più una bambina, ma una ragazza già matura e innamorata (la conosciamo quando ha appena consumato un rapporto sessuale con il suo adorato Peter, un pastore nero). C’è poco da stare allegri però, poiché questa è una Svizzera distopica dominata da un sadico dittatore (Meili è interpretato da Casper Van Dien, volto noto del cult “Starship Troopers”). È un regime del formaggio a dire il vero, perché a essere perseguitate sono le persone intolleranti al lattosio (c’è persino chi viene torturato con la fonduta bollente!). “I love the smell of cheese in the morning” diventa così una citazione d’obbligo, come se “Apocalypse Now” (1979) lo avessero girato dalle parti di Berna.
Quando la giovane viene rapita dopo l’uccisione del suo fidanzato, il film prende le sembianze prima di un women in prison e successivamente di un action-horror a tutti gli effetti, con tanto di vendetta dal sapore tarantiniano (“Kill Bill” è dietro l’angolo). Ad ogni modo, “Mad Heidi” resta una pellicola povera di contenuti e terribile dal punto di vista effettistico (davvero pessimo il sangue realizzato in digitale), un’opera che segue il percorso tracciato anni prima proprio da “Iron Sky” (anche per via della metafora politica) ma con meno mezzi e con meno convinzione.
Se è vero che questi novanta minuti passano abbastanza in fretta, bisogna comunque rimarcare la natura profondamente elvetica del film, con tutti gli stereotipi del caso: le bandiere rossocrociate, il formaggio, la puntualità e i costumi tradizionali fanno di “Mad Heidi” un prodotto quasi irrinunciabile per un appassionato di cinema di genere proveniente dalla Svizzera. Oggettivamente però, si tratta di una parodia folkloristica a tratti divertente ma piuttosto inconsistente sotto svariati punti di vista.

(Paolo Chemnitz)

Fosse stata bionda sarebbe stato meglio, è uno di quei titoli che non guarderò mai…..a meno che non sia uno come Tommy Wirkola nel dirigerlo. Quel ragazzo a veramente il b-movie nel sangue…ma quello di classe.
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