
di Sauro Scavolini (Italia, 1972)
Questo lavoro nasce dal connubio tra due fratelli mai troppo celebrati negli ambienti del cinema bis italiano, Sauro e Romano Scavolini. Il primo, classe 1934, ha sceneggiato decine e decine di film soprattutto durante gli anni settanta (il sodalizio con Sergio Martino fu lungo e proficuo), mentre Romano (lui nato nel 1940) ce lo ricordiamo essenzialmente per “Nightmares In A Damaged Brain” (1981), un delirante e ferale slasher movie molto apprezzato dagli appassionati.
“Amore e Morte Nel Giardino Degli Dei” rappresenta l’unica regia cinematografica per Sauro Scavolini, qui supportato dal fratello sia in termini di produzione che di fotografia. Il risultato è un affascinante quanto estenuante giallo d’autore, un’opera sui generis senza dubbio differente dalle tante pellicole contemporanee che spopolavano in terra italica. Il protagonista del film è un ornitologo interessato a studiare alcuni tipi di uccelli presso una villa isolata nei dintorni di Spoleto: l’uomo, durante una passeggiata nel bosco, rinviene sotto un albero dei vecchi nastri magnetici, i quali (una volta ascoltati) riportano alla luce le sedute psicoanalitiche di una donna di nome Azzurra. Tali testimonianze non solo ci raccontano del suo legame morboso-incestuoso con il fratello Manfredi, ma ci permettono di conoscere ulteriori intrecci sentimentali in cui sono coinvolti altri personaggi non meno importanti, per un puzzle dagli esiti tragici e disperati.
L’opera del regista pesarese è molto raffinata e riesce a bilanciare con discreti risultati il dramma familiare, l’erotismo (Orchidea De Santis e la rossa Erika Blanc fanno a gara di sensualità) e il thriller, considerando una svolta conclusiva piuttosto ferale e inaspettata (l’idea delle tagliole in giardino è un tocco di illuminante sadismo). Tuttavia, per apprezzare a fondo il lavoro di Sauro Scavolini, bisogna armarsi di tanta pazienza: la lentezza narrativa e l’eccessivo rimpallo tra presente e passato non permettono una chiara comprensione delle vicende, senza contare qualche timido accenno onirico-visionario di sicuro impatto ma ancora più sfuggente rispetto al corso naturale degli eventi.
Ciò che resta sul piatto è dunque un prodotto ambizioso e non perfettamente riuscito, anche se non possiamo assolutamente discutere l’originalità di “Amore e Morte Nel Giardino Degli Dei”, un film diverso, forse unico, almeno per quanto riguarda l’eterno rapporto tra eros e thanatos. Impulsi distruttivi che si irradiano silenziosamente nelle viscere di questo luogo ricco di oscuri e inconfessabili segreti.

(Paolo Chemnitz)
