Nightmares In A Damaged Brain

NIADB-1di Romano Scavolini (Stati Uniti/Italia, 1981)

Esistono tanti registi che, nel bene o nel male, li riusciamo a collegare solo a un film: un caso eclatante è quello dei fratelli Sauro e Romano Scavolini. Il primo, pesarese, cresciuto come sceneggiatore ma salito alla ribalta per il morboso “Amore e Morte Nel Giardino Degli Dei” (1972). Il secondo invece, nato a Fiume nel 1940, formatosi come fotografo e poi come produttore: ma di Romano Scavolini, più prolifico dietro la telecamera, ricordiamo veramente poco. “Un Bianco Vestito Per Marialé” (1972) è ancora oggi un oggetto misterioso che abbiamo visto in pochi, così non resta che fare un salto di ben nove anni per atterrare su un horror entrato di prepotenza nelle grazie degli appassionati, già solo per il fatto che all’epoca fu bollato come video nasty (la temuta lista nera dei film vietati in Gran Bretagna).
La trasferta americana in Florida giova sicuramente al risultato finale, la pellicola è infatti permeata da uno spirito indie statunitense che prende le dovute distanze dagli horror che nel frattempo circolavano in Italia. Inoltre, nonostante si tratti di un lavoro del 1981, “Nightmares In a Damaged Brain” (o semplicemente “Nightmare” nel titolo alternativo) sembra sbucare fuori dalla seconda metà della decade precedente, grazie a una fotografia di taglio vintage e a un approccio da slasher marcio che guarda più al primo Abel Ferrara che alle disavventure attorno al lago dei vari “Venerdì 13” e derivati.
Qui la mente instabile del protagonista è il motore su cui ruota il film, ma se il trauma infantile come elemento perturbante lo avevamo già visto nei gialli nostrani (Dario Argento docet), Romano Scavolini cambia completamente la struttura linguistica in gioco, lavorando sulle scene splatter e sull’antinarrazione, per un puzzle a tratti confuso e indigesto capace comunque di lasciare un segno profondo negli occhi dello spettatore. Merito degli effetti dell’accreditato Tom Savini (anche se egli prese le distanze dall’opera, dichiarandosi solo un collaboratore del regista), immagini cruente annaffiate da un tripudio gore che trasuda la più primordiale malvagità, come nell’omicidio a picconate o nel massacro conclusivo (clamorosa la decapitazione al ralenti).
La storia è abbastanza esile. Il protagonista George Tatum, imbottito di farmaci dai medici dell’ospedale psichiatrico che lo hanno in cura, ha un terribile sogno ricorrente nel quale un bambino assiste a una scena di sesso che si conclude in tragedia. Quando ritroviamo l’uomo fuori dalla clinica, egli non è affatto guarito: ancora afflitto da continue crisi di identità, George si dirige verso una casa dove vivono una madre single con tre figli (un’attrazione malsana di cui presto conosciamo le motivazioni).
Romano Scavolini riesce a frammentare una pellicola che forse, nelle mani di qualcun altro, sarebbe potuta diventare un capolavoro. Se la prima parte è penalizzata da una narrazione dispersiva e inefficace, con il trascorrere dei minuti “Nightmares In a Damaged Brain” acquisisce forma e sostanza, lasciando però ottimi ricordi più per le singole immagini che per uno script rimescolato in modo eccessivo. Un’occasione mancata che comunque non svuota completamente il bicchiere, perché a parte i difetti di cui sopra, le atmosfere malate del film riescono spesso a farla da padrona. Da vedere ovviamente uncut (novantotto minuti di delirio).

3

(Paolo Chemnitz)

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