di Bo Arne Vibenius (Svezia, 1973)
Il personaggio di Elle Driver del “Kill Bill” tarantiniano probabilmente non sarebbe tale se il regista americano non avesse dichiarato il suo amore per “Thriller: A Cruel Picture”, un rape & revenge svedese che nel suo genere di riferimento ha lasciato un segno importante. L’opera è conosciuta in patria con il titolo di “Thriller – En Grym Film” mentre “They Call Her One Eye” è la denominazione che si riferisce all’edizione che esclude le scene hardcore (praticate da una controfigura dell’attrice protagonista, la svedese Christina Lindberg). Nella nostra recensione facciamo riferimento alla versione uscita in dvd nel 2004 per la Synapse Film, della durata complessiva di 104 minuti, comprensiva proprio delle sequenze di sesso esplicito.
Frigga è una ragazza divenuta muta in seguito a un trauma infantile, da bambina infatti era stata violentata in un parco da un pedofilo. Le sue disavventure però non finiscono qui: una volta cresciuta, la donna viene rapita da un uomo di nome Tony che la trasforma in un’eroinomane, conducendola allo stesso tempo sulla via della prostituzione. Dopo aver ferito un cliente per un rifiuto, Tony per punizione le cava un occhio con un bisturi, ma la vendetta di Frigga non si fa attendere. Christina Lindberg raccontò in seguito che la scena dell’occhio fu girata in un ospedale utilizzando il cadavere di una ragazza morta suicida da poco, da qui il realismo molto credibile e disturbante di quelle immagini. Tuttavia l’opera fu oggetto di scandalo non solo per questo particolare, non a caso in Svezia la pellicola fu immediatamente bannata senza troppi complimenti.
“Thriller: A Cruel Picture” ha una potenza iconografica molto spiccata, motivo per il quale ancora oggi si parla del film come di un cult movie assoluto nel genere. Sicuramente le idee messe sul piatto anticipano con veemenza quelle viste in molti lavori successivi (“Ms. 45” del 1981 ad esempio), ma è giusto porre l’attenzione anche sulla regia anonima di Bo Arne Vibenius, capace di massacrare con un esasperante uso del ralenti le situazioni più intriganti e movimentate. Gli inserti hard sono inutili e scollegati con il resto della storia, non eccessivamente curata dal punto di vista della sceneggiatura (spesso ridondante) ma almeno capace di farci appassionare al personaggio della silenziosa protagonista, la vera mattatrice di un lavoro che in ambito exploitation conserva intatto tutto il suo grezzo fascino underground. Un nome, quello di Frigga, scelto non a caso: nella mitologia norrena infatti, Frigga è la moglie di Odino, un Dio privo di un occhio tuttavia capace di acquisire una consapevolezza interiore proprio da quella perdita, una visione che nel film trasforma la ragazza in una belva assetata di vendetta.
Nel frattempo la quasi settantenne Christina Lindberg si è rimessa in carreggiata, in quanto la vedremo all’opera in “Svart Cirkel” (2018), pellicola in lingua svedese (al momento in post-produzione) diretta da Adrián García Bogliano e coprodotta da vari paesi (tra cui l’Italia). Un gradito ritorno per uno dei volti indimenticabili del cinema di confine scandinavo.
(Paolo Chemnitz)