
di Mimi Cave (Stati Uniti, 2022)
Se da un lato, il cinema horror degli ultimi anni ci sta regalando degli ottimi spunti da un punto di vista prettamente autoriale, l’esordiente Mimi Cave percorre un’altra strada altrettanto credibile, quella della commistione tra generi. Commedia sentimentale, poi thriller e infine horror: un approccio in divenire sempre fluido e trasversale. Ecco perché “Fresh” (di nome e di fatto!) è un prodotto senza dubbio vendibile a un pubblico più ampio del solito.
Daisy Edgar-Jones è Noa, una ragazza carina e un po’ ingenua ormai rassegnata davanti alle proposte (virtuali e non) dei vari uomini con cui non scatta mai la scintilla. Ciononostante, il colpo di fulmine è dietro l’angolo: in un reparto del supermercato, la protagonista conosce infatti il simpatico e strambo Steve (Sebastian Stan), con il quale finisce subito a letto. “Fresh” parte dunque come una normalissima commedia dai toni più o meno romantici, per poi cambiare completamente registro dopo circa trenta minuti, quando la regista lascio spazio ai titoli di testa, un confine netto che ci permette di varcare una soglia ben più inquietante.
Per parlare della pellicola, è necessario fare qualche piccolo spoiler, perciò vi invitiamo a interrompere qui la lettura dell’articolo nel caso vogliate godervi lo sviluppo narrativo del film in tutti i suoi aspetti più torbidi. Che Steve non fosse affatto un semplice agnellino, era facilmente intuibile, ma nessuno si sarebbe mai potuto immaginare il destino della povera Noa, diventata suo malgrado una vittima pregiata da vendere ai consumatori di carne umana. “Fresh” è infatti un film sul cannibalismo, l’ennesimo a dire il vero, un lavoro tuttavia molto personale e mai scontato, anche quando le vicende imboccano il sentiero dell’horror tout court. Un plauso va senza dubbio alla brava Mimi Cave, non solo promossa dietro la macchina da presa ma molto convincente pure nella direzione e nell’approfondimento psicologico dei personaggi principali (Noa è praticamente perfetta, merito soprattutto dell’ottima prova di Daisy Edgar-Jones).
“It’s about giving. Giving yourself over to somebody. Becoming one with somebody else, forever. And that’s… That’s a beautiful thing. That’s surrender. That’s love”. Dietro alcuni dialoghi si nasconde il desiderio di estremizzare l’amore in maniera artificiale, creando una sorta di effetto contrario: non a caso, questa carne fresca proviene esclusivamente dalle giovani ragazze, il cui sogno di incontrare il principe azzurro spesso di scontra con una realtà ben diversa. Una posizione indubbiamente femminista ma tutt’altro che patetica o fastidiosa, perché nel caso di “Fresh”, ogni tassello è al posto giusto e difficilmente si notano delle forzature in tal senso. Due ore scarse che dunque passano in fretta, attraverso quella commestibile (ops!) leggerezza di cui avevamo assolutamente bisogno: la freschezza di un horror che è la somma di tante altre cose messe insieme.

(Paolo Chemnitz)
