The Opening Of Misty Beethoven

di Radley Metzger (Stati Uniti, 1976)

Se in America la chiamavano the golden age of porn, un motivo ci sarà stato. Dopotutto, già dal termine dei 60s e almeno fino all’inizio degli anni ottanta, il cinema pornografico ha avuto una sua precisa dignità/identità artistica. All’epoca, da quelle parti, non era difficile imbattersi in una recensione positiva scritta da qualche quotato critico, anche perché l’attenzione mediatica verso questo tipo di opere era cresciuta inesorabilmente (i titoli più importanti venivano normalmente distribuiti su scala internazionale).
Per raggiungere un obiettivo di tale portata, queste pellicole ovviamente non mostravano soltanto dei tizi intenti a scopare furiosamente per novanta minuti. In poche parole, non si trattava di prodotti realizzati per far masturbare lo spettatore, al contrario di quello che accade meccanicamente con il porno usa e getta diffuso ormai ovunque: lo abbiamo visto nello spietato disagio di “Forced Entry” (1973) o nel curioso “Water Power” (1977), senza dimenticare i grandi classici del genere come “Mona: The Virgin Nymph” (1970) o il più celebre “Deep Throat” (1972) di Gerard Damiano.
“The Opening Of Misty Beethoven” può contare su un linguaggio estetico di buon livello, merito del talentuoso Radley Metzger, un regista che nei suoi lavori non ha mai trascurato i dettagli: in effetti, qui funziona quasi tutto, dalle scenografie alle location (alcune scene sono state girate a Roma!), fino alla sceneggiatura, praticamente una riproposizione in chiave hard del “Pigmalione” di George Bernard Shaw. Nel film, diversamente dalla succitata commedia teatrale, un sessuologo (tale Seymour Love) prova a trasformare una prostituta di basso rango (Dolores “Misty” Beethoven) in una sofisticata seduttrice, con tutte le conseguenze del caso. Una trama tutto sommato semplice, eppure intrisa di ironia e di momenti persino esilaranti (le sequenze sull’aereo non si dimenticano). E il sesso esplicito? Ovviamente è onnipresente, ma il montaggio non permette all’opera di fossilizzarsi sulla pornografia fine a se stessa, perché c’è una storia (seppur esile) da portare avanti, un racconto divertente in cui spicca la figura della brava protagonista (Constance Money avrebbe meritato una carriera ben diversa).
Certo, si tratta sempre di un prodotto a luci rosse (con i suoi limiti strutturali spesso invalicabili), tuttavia sia lo stile che l’eleganza di “The Opening Of Misty Beethoven” hanno fatto scuola durante quel decennio, alla faccia dei tanti moralisti/bacchettoni segretamente appassionati di queste pellicole. Per sdrammatizzare sulle controversie del cinema porno, quello di Radley Metzger è un nome che calza a pennello.

(Paolo Chemnitz)

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