Thx 1138

di George Lucas (Stati Uniti, 1971)

Alcuni film diretti da George Lucas sono entrati nella storia del cinema dalla porta principale: titoli come “American Graffiti” (1973) o “Star Wars” (1977) non hanno certo bisogno di presentazioni, al contrario del fin troppo bistrattato “Thx 1138”, pellicola che segnò l’esordio per il regista americano, poi affermatosi quasi esclusivamente come produttore e sceneggiatore.
L’opera sviluppa un quasi omonimo cortometraggio che Lucas aveva realizzato nel 1967 (si trattava della sua tesi di laurea), avvalendosi del supporto di Francis Ford Coppola nei panni di produttore esecutivo. La storia è ambientata in un futuro distopico, nel quale gli esseri umani vivono sottoterra e non hanno neppure un nome (sostituito con dei numeri di matricola). L’individuo pensante è stato soppresso: tutti sono vestiti di bianco e hanno la testa rasata, perché ogni moda è stata bandita, così come il pensiero, svuotato di ogni pulsione e di ogni sentimento (il governo fornisce alle persone una droga capace di uniformarle, rendendole innocue e inoffensive).
Qualcuno però tenta di ribellarsi: il caso di Thx 1138 (Robert Duvall), il quale è già deviato dall’abitudinaria normalità per via della mancata assunzione di quelle pastiglie. Egli, insieme alla sua coinquilina Luh 3417, riscopre immediatamente l’atto sessuale, per poi essere catturato e bollato come pazzo (un elemento non più utile alla società). Una volta relegato in una cella, Thx 1138 elabora un piano per fuggire da questo incubo, con l’aiuto di altri reietti (tra cui Sen 5241, interpretato da un sempre ottimo Donald Pleasence).


Il futuro autoritario descritto da George Lucas è senza dubbio orwelliano, ma allo stesso tempo egli anticipa il pensiero di molti altri studiosi e filosofi contemporanei, come ad esempio quello di Noam Chomsky (“i sistemi democratici devono controllare non solo ciò che il popolo fa, ma anche quello che pensa. Lo Stato non è in grado di garantire l’obbedienza con la forza e il pensiero può portare all’azione, perciò la minaccia all’ordine deve essere sradicata alla fonte”). Anche se il sistema in cui è immerso Thx 1138 non è affatto democratico, è interessante notare come la sua repressione sia prima di tutto mentale, oltre che fisica. Abolire il pensiero, prevenire il dissenso, annullare il singolo individuo, dettare delle imposizioni atte a non intaccare il modus operandi del governo: sono trascorsi più di cinquant’anni dalla realizzazione di questo film, eppure queste tematiche – in termini di cronaca – fanno parte del nostro pane quotidiano.
A livello concettuale, “Thx 1138” (da noi “L’Uomo Che Fuggì Dal Futuro”) è dunque un film avanti luce per l’epoca, un’opera di una potenza inaudita. Per questo la premiamo a prescindere, al di là di una sceneggiatura decisamente confusa, per giunta affossata da una serie di dialoghi poco chiari. Il fascino della pellicola non si discute, dal bianco accecante delle scenografie fino a quel volto metallico dei poliziotti, l’emblema di una società sempre più asettica, dove nessuno è più in grado di vedere la luce del sole. Tranne chi ha il coraggio di provarci.

(Paolo Chemnitz)

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