di Russ Meyer (Stati Uniti, 1970)
“Lungo La Valle Delle Bambole” (“Beyond The Valley Of The Dolls”) è un film amato/odiato dai fan di Russ Meyer: si tratta infatti di un lavoro che si stacca definitivamente dal passato, catapultandoci nel cuore della bella vita californiana, al contrario dei lerci paesaggi rurali visti in precedenza. Dopo il successo di “Vixen” (opera a colori del 1968 che già lasciava intravedere un cambio di rotta), Meyer strappa un contratto alla 20th Century Fox, trovando un difficile compromesso tra cinema exploitation e nuove prospettive più commerciali. Che “Lungo La Valle Delle Bambole” proceda a tratti con il freno tirato non è difficile intuirlo, ma grazie alla sua preziosa inventiva (il montaggio qui fa davvero la differenza), il regista americano riesce a consegnarci un prodotto comunque affascinante e ben fatto.
La pellicola riprende l’idea di base già assaporata con “La Valle Delle Bambole” (1967), la storia di tre ragazze che riescono a far fortuna a New York: qui invece l’azione si sposta a Los Angeles, dove Kelly, Casey e Petronella (le componenti di un gruppo beat) trovano la strada giusta in quel di Hollywood, frequentando i salotti più cool e incontrando ricchi produttori e altri influenti personaggi del mondo dello spettacolo. Questo ambiente corrotto diventa sempre più ingestibile per le tre, ormai rinchiuse in un giro di intrighi, di tradimenti e di altri loschi affari (soprattutto sentimentali).
Russ Meyer mette in scena un (quasi) musical ben calato nel suo periodo di appartenenza, un vero e proprio caleidoscopio psichedelico a dir poco pomposo e barocco. Passa dunque in secondo piano uno script alquanto confuso e caotico, spesso fagocitato dai dialoghi (molto pulp) e da una serie di personaggi decisamente istrionici. C’è un po’ di sesso, qualche sterzata drammatica e un pizzico di sangue (ci piace non poco la sequenza della decapitazione), ma “Lungo La Valle Delle Bambole” rimane soprattutto un film colorato e colorito, un’orgia scoppiettante che mette in mostra tutta la fantasia di un regista sicuramente capace.
Possiamo quindi ritenere questa pellicola l’apice commerciale (ma non qualitativo) di Russ Meyer, anche perché l’opera imbocca fin troppe strade risultando dispersiva: lo spirito trasgressivo resta inalterato (“you will drink the black sperm of my vengeance”) anche se per la prima volta nella filmografia del regista si avverte il bisogno di imboccare più direzioni possibili per aggirare i paletti imposti dalla produzione. “Lungo La Valle Delle Bambole” diventa così un prodotto brillante all’interno di un contesto comunque privo di un leitmotiv trascinante.
(Paolo Chemnitz)