di Dave Jackson (Australia, 2015)
L’australiano Dave Jackson è un regista a cui piace scherzare e “Cat Sick Blues” è il risultato di questo atteggiamento. È incredibile infatti come nel giro di pochi minuti un horror estremo possa trasformarsi in black comedy, così come sembra assurdo assistere a una sorta di slasher movie dalla vena completamente weird. Eppure il film riesce a trovare il suo ambiguo punto di equilibrio, nonostante la corda sia tirata oltre le sue reali possibilità.
Il giovane Ted non riesce a metabolizzare la perdita del suo gatto nero, così la sua mente malata si convince che per riavere indietro il suo animale domestico bisogna uccidere nove persone raccogliendo il loro sangue dentro una bottiglia. Nel frattempo, una ragazza di nome Claire (famosa su YouTube per i video con il suo gattino) riceve la visita di un pazzo stupratore che uccide il povero felino. Quando Ted incontra Claire, la situazione diventa ancora più ingarbugliata per entrambi e “Cat Sick Blues” sfiora più volte il delirio e il nonsense.
Il budget è risicato ma la forza di questo film risiede soprattutto nelle trovate iconografiche del regista. Il protagonista vive praticamente come un gatto: egli indossa un’enorme maschera che ricorda il suo defunto amico a quattro zampe, utilizza una lettiera per i suoi bisogni, al posto delle unghie sfoggia degli artigli che farebbero invidia a Freddy Krueger e infine (durante gli omicidi) fa uso di uno strap-on con tanto di fallo gigante. Un personaggio piuttosto grottesco, persino simpatico, eppure capace di compiere una strage uccidendo solamente donne (c’è un retrogusto misogino non indifferente nelle sue sconsiderate azioni). “Cat Sick Blues” è anche un’opera sull’esasperazione, non a caso uno dei messaggi lanciati tra le righe da Dave Jackson riguarda quella tendenza social di mostrare gatti in ogni dove, una presa in giro (da cogliere con un sorriso) che si riversa metaforicamente nell’identificazione totale tra il carnefice e il suo ex animale domestico.
Sicuramente il film è tirato un po’ troppo per le lunghe, ma lo spirito con il quale è stato realizzato si rivela vincente e appassionante, un animo indie (facciamo pure hipster) che trova il suo stato di grazia nei memorabili intermezzi musicali, sempre sospesi tra soffusa magia e ferale crudeltà. Notevoli anche gli effetti, un tripudio splatter ben assortito che si scaglia improvvisamente e con violenza sulle vittime sacrificali: in “Cat Sick Blues” però sia il sangue che le gesta impulsive di questo psicopatico devono fare i conti con alcuni passaggi stranianti e di totale squilibrio narrativo, dove il what the fuck diventa la parola d’ordine. Ecco che così in un baleno la pellicola si trasforma da divertente a ripugnante e viceversa, tra sequenze estreme e situazioni leggere come una piuma. Forse neppure Dave Jackson ha trovato la giusta collocazione per il suo lavoro, ma certamente né a lui né a noi interessa questo aspetto, poiché “Cat Sick Blues” premia il coraggio e l’originalità prima che la coerenza. Ci piace così, audace e weirdo fino alla morte.
(Paolo Chemnitz)