Alucarda

aludi Juan López Moctezuma (Messico, 1977)

Justine, una ragazza rimasta orfana, viene condotta in un convento dove trova come compagna di camera una giovane dal fascino oscuro, Alucarda, la quale la inoltra nell’adorazione del diabolico sovvertendo così ogni regola sacra presente in quel luogo. Un plot del genere non poteva che deliziarci con una pellicola tetra, blasfema e contorta, dove le derive lesbo-sataniche di marca exploitation incontrano altre di stampo vampiresco.
“Alucarda, La Hija De Las Tinieblas” (questo il titolo originale) prende ispirazione da una moltitudine di riferimenti: da Sheridan Le Fanu (per la sceneggiatura), da De Sade (la scelta non casuale di chiamare Justine la ragazza innocente) e ovviamente da Ken Russell (“I Diavoli” resta un’opera seminale per lo sviluppo di molti lavori successivi dalle tematiche simili).
Juan López Moctezuma non è stato un regista prolifico, ma con “Alucarda” ci ha lasciato una testimonianza importante all’interno di un cinema horror messicano sempre capace di sopperire alla mancanza di budget con uno stile macabro e visionario, qui incentrato sulla tetra presenza della nerovestita protagonista (interpretata da Tina Romero), un’immagine potente e simbolica che già dalla locandina attira subito la nostra attenzione. Poi c’è il convento, nel quale non c’è posto per la bianca geometria delle stanze o dei corridoi, ma solo per un’indefinita distesa di oscurità illuminata dalle candele o dai castigati costumi delle monache.
“Alucarda” è cinema anarchico che sfida il buon gusto anche in termini prettamente tecnici, soprattutto nel montaggio dirompente ma non del tutto necessario e poi ancora in alcune scene nelle quali il tema della possessione è portato alle estreme conseguenze, con risultati talmente isterici da sembrare parodistici. Imperfezioni che fanno parte del gioco inserendosi all’interno di un ritmo altalenante, in una pellicola comunque breve e indolore (75 minuti passano in fretta) dove la donna devota al maligno appare fin da subito come una sorta di entità sovrannaturale, senza troppi preamboli di santità (nella prima lugubre apparizione, Alucarda mostra i suoi segreti a Justine, si tratta di insetti).
Insieme al meno efficace “La Novizia Indemoniata” (1975) di Gilberto Martínez Solares, questo film rappresenta l’apice del cinema horror messicano anni settanta legato a tematiche sataniche di ambientazione conventuale, con il primo titolo più in linea con la corrente nunsploitation, al contrario di “Alucarda”, decisamente cupo e visionario e a tratti vicino ad alcune suggestioni presenti nelle opere di Jodorowsky (del quale Moctezuma fu collaboratore). Una pellicola sovversiva e affascinante, nonostante i limiti di cui sopra.

3,5

(Paolo Chemnitz)

alucarda

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