Trouble Every Day

troubledi Claire Denis (Francia/Germania, 2001)

“Cannibal Love – Mangiata Viva” è il titolo italiano di “Trouble Every Day”, sicuramente più esplicito ma molto meno calzante rispetto al reale immaginario mostrato nel film di Claire Denis. Per questo motivo utilizziamo la denominazione originaria, perché quello della regista francese non è un semplice horror, ma molto di più. La pellicola prende decisamente le distanze da quell’ondata di brutale cinema estremo transalpino che tanto ci ha dato nello scorso decennio, legandosi invece a una corrente autoriale che guarda dritta al passato, specialmente alle opere di Jacques Tourneur (“Il Bacio Della Pantera” è un chiaro punto di riferimento). Un approccio che predilige la sottrazione, la suggestione, il taglio noir e molto altro ancora, aggirando i gusti del pubblico meno raffinato con un linguaggio estetico sicuramente personale ma oltre il limite dell’autocompiacimento.
Shane (Vincent Gallo) si trova in viaggio di nozze a Parigi con la moglie June. Il suo vero obiettivo però non è una visita turistica della città, ma incontrare il ricercatore Leo Semeneau, bandito anni prima dalla comunità scientifica a causa delle sue ricerche sul cervello umano. Shane era stato infatti, assieme alla moglie di Semeneau, la cavia di un esperimento che mirava a ottenere l’aumento della libido: con esiti devastanti, poiché gli effetti collaterali prevedono l’insorgere di cannibalismo durante l’accoppiamento.
L’atmosfera del film è sobria, cupa, i dialoghi sono centellinati e spesso emerge lo score musicale dei sempre validi Tindersticks, più volte collaboratori di Claire Denis (la loro colonna sonora per “Les Salauds” resta comunque imbattuta). Le scelte criptiche della regista non favoriscono però la comprensione (anche concettuale) del lavoro e con il trascorrere dei minuti il raggiungimento del climax narrativo rimane praticamente una chimera: “Trouble Every Day”, pur nella sua elegante confezione, è quindi un prodotto incompiuto.
Il pasto antropofago di Béatrice Dalle (superba nel ruolo di Coré) è mostrato come un intreccio di carne e sangue dal quale è difficile districarsi, complici le inquadrature molto strette della Denis, brava nell’evitare banali spettacolarizzazioni ma allo stesso tempo lontana da quella poetica cinematografica che ad esempio veniva messa in scena da Abel Ferrara in “The Addiction” (1995). “Trouble Every Day” è infatti un horror filosofico che ai vampiri urbani sostituisce le pulsioni sessuali quotidiane (every day, appunto), svelando i retroscena dell’amplesso totalizzante, con il partner fagocitato dalla sua controparte affamata. Anche se ci troviamo a Parigi, la regista lavora molto sugli interni (stanze, corridoi, laboratori), chiudendo i protagonisti all’interno di un incubo viscerale, dilatato e radicale, che non lascia via di fuga neppure allo spettatore, costretto a respirare quel mood morboso però statico, in attesa di sviluppi. Un film da prendere assolutamente con le molle, per non finire in catalessi dopo neppure dieci minuti. Coraggioso sì, ma troppo votato al narcisismo fine a se stesso.

2,5

(Paolo Chemnitz)

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