di Benny Safdie e Josh Safdie (Stati Uniti, 2014)
Benny e Joshua Safdie sono ormai una presenza costante in ambito festivaliero: lo scorso maggio il loro ultimo “Good Time” (2017) era in concorso a Cannes, mentre nel 2014 questo “Heaven Knows What” lo abbiamo visto nella sezione Orizzonti a Venezia. I due registi, con un passato da documentaristi, trasformano la loro esperienza in finzione, pur raccontando una storia legata indissolubilmente alla realtà. “Heaven Knows What” è infatti uno spaccato di vita quotidiana che riprende un gruppo di eroinomani a New York, focalizzandosi in particolare su Harley e Ilya, una coppia di sbandati.
La ragazza è interpretata da Arielle Holmes (ottima la sua prova), una tossicodipendente incontrata per caso dai fratelli Safdie, i quali le hanno fatto scrivere una sorta di diario personale poi divenuto l’ossatura principale del plot. Uno script in verità inesistente, perché l’opera presto si adagia sulla ciclicità degli eventi e sul vagabondare dei protagonisti, spesso ripresi da vicino con i loro volti distrutti dalla droga (le inquadrature sono strette e concedono poco alle strade newyorkesi). “Heaven Knows What” inoltre non ci mostra la sola dipendenza dall’eroina, ma anche una seconda assuefazione, quella sentimentale: Arielle è innamorata di Ilya, il quale la costringe a commettere il suicidio come prova di amore per lui. Il tentativo eseguito con la lametta, in apertura di film, è straziante e disturbante, ma la giovane riesce a salvarsi continuando però a incentrare la sua vita su questo rapporto autodistruttivo e malato.
La pellicola trasuda uno spirito indipendente molto accentuato (a cominciare dal budget esiguo), alternando attori professionisti ad altri catturati per la città e fotografando ogni singola immagine in maniera scialba, opaca, una scelta voluta che sembra riflettere lo sguardo annebbiato dei personaggi. Anche la colonna sonora è particolare: si passa da synth analogici stranianti all’hardstyle di Headhunterz, fino a una citazione piuttosto curiosa per un video di Burzum.
Il film di Ben e Joshua Safdie riporta in mente alcune opere indie americane uscite negli anni novanta o anche prima, ma “Heaven Knows What” non è certo “Drugstore Cowboy” (1989), forse perché la genesi di questo lavoro è stata concepita a tavolino senza lasciare spazio all’improvvisazione o comunque a un realismo naturale e sincero, qui purtroppo intercettato solo a intermittenza. Il meccanismo a volte si inceppa e non bastano le sequenze più movimentate (quella nel fast food, ad esempio) per elevare il prodotto al di sopra della media. Nonostante le buone intenzioni e un risultato complessivo sicuramente interessante.
(Paolo Chemnitz)