The Childhood Of A Leader

thechilddi Brady Corbet (Francia/UK/Ungheria, 2015)

Brady Corbet è al debutto alla regia, ma non è uno sconosciuto: lo ricordiamo in precedenza come attore nello struggente “Mysterious Skin” (quando era ancora un ragazzino) e poi in molte altre pellicole, tra le quali “Melancholia” (2011) di Lars Von Trier o il più recente “Simon Killer” (dove interpreta un protagonista sociopatico).
“The Childhood Of A Leader” tratta un tema che di base può sembrare pretestuoso, avvicinandosi pericolosamente ai percorsi che hanno segnato in positivo il memorabile “Il Nastro Bianco” (2009) di Michael Haneke. Ma Corbet affronta le vicende giovanili di un futuro dittatore con un approccio inverso a quello del regista austriaco, qui infatti la deriva è biografica e di fantasia (non verrà mai specificato se il ragazzino crescerà come nazista, fascista o quant’altro), mentre ne “Il Nastro Bianco” poggia su una potenza concettuale inaudita che solo subdolamente ci inoltra in questo tipo di tematiche, lasciando molto spazio all’elemento mystery e allargando il discorso a un’intera comunità.
La storia è ambientata nel 1919: Prescott è l’unico figlio di un diplomatico statunitense e di una ricca aristocratica, entrambi momentaneamente in Francia poiché l’uomo è stato designato dal presidente americano per firmare il Trattato di Versailles (che porrà fine alla Prima Guerra Mondiale). Questa famiglia vive in una grande villa immersa dentro un clima cupo e austero, circondata da altri personaggi fondamentali per lo sviluppo del racconto (l’insegnante, la governante, l’amico di famiglia). Tre capricci scandiscono le vicende del film, tre capitoli ognuno dei quali basilare per carpire la psicologia contorta del giovane, con l’ultimo di questi travolgente nella sequenza della cena, l’apice assoluto della pellicola prima di un’appendice criptica ma capace di svelare un retroscena molto importante sulla vita di Prescott.
In “The Childhood Of A Leader” (da noi “L’Infanzia Di Un Capo”) colpiscono le belle scenografie, la colonna sonora oscura e sontuosa, le grandi prove attoriali di tutti (nessuno escluso), con il bambino eccellente protagonista e manipolatore all’interno della sua casa, un piccolo diavolo cresciuto nel vizio, nell’odio e nella mancanza di sentimenti. Respiriamo una tensione latente che non ci abbandona mai per quasi due ore, come se fossimo rapiti dallo sguardo magnetico del piccolo Prescott, una figura che catalizza completamente la nostra attenzione trascinandoci in un baratro nel quale la famiglia (disfunzionale) e la religione rappresentano solo vacue certezze davanti alla potenza dell’ego, del carisma, dell’individuo fatto Dio. Per questo motivo siamo al cospetto di un’opera che fa paura, devastante quanto basta per farci urlare al miracolo: complimenti al sorprendente e già maturo Brady Corbet, capace di mettere in scena con grande intelligenza la spaventosa genesi di un mostro.

4,5

(Paolo Chemnitz)

thechildhood

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