Vermines

di Sébastien Vaniček (Francia/Stati Uniti, 2023)

Chi aveva visto “Vermines” (conosciuto anche come “Infested”) sugli schermi di Venezia nel 2023, ne aveva parlato in termini positivi. In effetti, questo esordio alla regia per Sébastien Vaniček ha i suoi buoni motivi per essere ricordato, soprattutto se prendiamo il film per quello che è, spogliandolo da inutili quanto pretestuose implicazioni sociali: in poche parole, si tratta di un horror decisamente sconsigliato a chi soffre di aracnofobia, un prodotto ben girato e molto opprimente nelle atmosfere, considerando la singola location (un fatiscente condominio le cui poche riprese in esterna sono state effettuate nei pressi di uno dei più singolari complessi abitativi dell’hinterland parigino, le Picasso’s Arenas, manna dal cielo per gli amanti dell’architettura brutalista).
Kaleb (Théo Christine) è un ragazzo sulla trentina che vive, non senza difficoltà, con la sorella. Il giovane ha la fissa per le sneakers (che rivende ai suoi amici) e per gli animali esotici: l’ultimo arrivato è un ragnetto abbastanza schifoso infilato per l’occasione dentro una scatola di scarpe, in attesa di una sistemazione migliore. Che questi simpatici animaletti fossero i mostruosi protagonisti del film, lo si poteva già intuire dal criptico incipit girato nel deserto, dove accade qualcosa di realmente sinistro e inquietante. Un rapido biglietto da visita, in attesa di un’invasione vera e propria capace di mettere in pericolo tutti gli abitanti del palazzone, costretti ad aiutarsi a vicenda e impossibilitati a scappare (nelle banlieue parigine non poteva mancare la presenza della polizia).
“Vermines” non ingrana immediatamente, ma quando lo fa, lascia davvero poco tempo sia per pensare che per respirare: la regia e la fotografia funzionano dannatamente bene, così come il crescendo a tratti raccapricciante (questi ragni diventano sempre più grossi, per non parlare delle ragnatele!). Tuttavia, è un peccato assistere al totale utilizzo della computer grafica, una scelta senza dubbio più comoda ed economica ma alquanto fredda e priva di fascino (non chiedevamo le tarantole di José Mojica Marins o le scene cult con Michele Mirabella ne “L’Aldilà”, però si poteva trovare un sano equilibrio tra vecchia e nuova scuola).
Sébastien Vaniček ha affermato che “Vermines” ha dei significati sociali ben definiti: egli però non ha fatto i conti con la grande inflazione di pellicole francesi ambientate nelle banlieue, a cominciare da “L’Odio” (1995) fino ai più recenti “La Horde” (2009) e “Les Misérables” (2020), giusto per citare alcuni titoli di diversa estrazione. Stereotipi che non sempre garantiscono una vera profondità all’argomento, soprattutto se le metafore vengono surclassate dall’azione o dagli elementi exploitation. Come nel caso del film in esame (il voto è leggermente in eccesso), un divertente survival movie indicato esclusivamente ai cultori di questo tipo di cinema (“Aracnofobia” e dintorni). Buoni ragni, sempre se riuscite ad andarci d’accordo!

(Paolo Chemnitz)

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