(M)uchenik

parola di dio - the studentdi Kirill Serebrennikov (Russia, 2016)

“(M)uchenik” assembla due parole russe (muchenik significa martire, uchenik allievo). Il titolo internazionale invece non rende giustizia al film: “The Student” è infatti troppo generico, va già meglio (a sorpresa) con la denominazione utilizzata per il nostro paese (“Parola Di Dio”, qui uscito lo scorso ottobre in una manciata di sale). Si tratta dell’ultimo lungometraggio diretto da Kirill Serebrennikov, regista già apprezzato in Italia con “Playing The Victim” (2006), opera che vinse la prima edizione del Festival del cinema di Roma.
La pellicola è basata sulla pièce teatrale “Märtyrer” del drammaturgo tedesco Marius Von Mayenburg, un componimento che Serebrennikov trasforma in un lavoro dalla messa in scena rigorosa, un lungometraggio che lascia trasparire fin troppo bene la sua origine, anche nella sontuosa recitazione dei vari personaggi (il vero motore che trascina la storia).
Venya è uno studente in perenne conflitto con la madre e le istituzioni: la sua vita è profondamente influenzata dalla lettura della Bibbia (che il giovane porta sempre con sé). Ogni passo declamato ad alta voce è accompagnato da una sovraimpressione di riferimento al testo sacro, un modo per sottolineare le dottrine insindacabili che il ragazzo riversa nei confronti di tutte le persone che vivono accanto a lui. Il regista attua così una provocazione ingegnosa che si manifesta già nelle prime scene, quando Venya protesta in modo acceso perché le sue compagne di classe mostrano il loro corpo durante l’ora di piscina, presentandosi in bikini. Una reazione che non viene punita o respinta, ma presa in considerazione dalla preside dell’istituto. Col trascorrere del tempo, le accuse del protagonista ampliano il loro raggio di azione, scagliandosi contro ebrei, omosessuali e contro tutto ciò che nelle Sacre Scritture viene visto come un abominio. Unica voce realmente fuori dal coro, l’insegnante di biologia, agli antipodi rispetto al ragazzo e spesso costretta a litigare con la stolta preside del liceo.
“(M)uchenik” tende a esasperare i concetti di cui sopra: da un lato un adolescente completamente fuori controllo illuminato dalla Bibbia, dall’altro una donna che fa lezione mostrando preservativi e immagini di amplessi tra cavalli. Ne esce fuori un’esplosione dalle inevitabili e amare conseguenze, una forte critica alla Russia contemporanea ancora sottomessa alle imposizioni della Chiesa ortodossa, capaci di influenzare e manipolare la cultura e le dinamiche sociali del paese. Una metafora contorta che Serebrennikov ci mostra senza mezze misure, lasciando correre la telecamera per evitare un assetto puramente teatrale che comunque è ben presente in molte sequenze del film. Per spezzare l’equilibrio sarebbe stato opportuno variare maggiormente sul menu, alternando con più intensità i dialoghi e le vicende con alcuni stacchi di raccordo (come ad esempio nelle magnifica scena con Venya a spasso con la croce, accompagnata dal totalitarismo musicale di “God Is God” dei Laibach).
“(M)uchenik” è un film sulla potenza oscura del fanatismo religioso, capace di scavare lentamente modellando a sua immagine e somiglianza i comportamenti di molte persone. Un lavoro intelligente, che genera un senso di repulsione e frustrazione, nonostante Serebrennikov a tratti si lasci andare oltre il dovuto. Consigliato soprattutto se siete attratti da questa tematica così controversa.

3

(Paolo Chemnitz)

parola di dio

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