Luzifer

di Peter Brunner (Austria, 2021)

Wo ist der Teufel?”, ovvero “Dov’è il diavolo?”. Questa è la domanda centrale presente in “Luzifer”, il cui titolo non deve trarre in inganno: qui infatti non ci sono né sinistre presenze luciferine né tantomeno fluorescenti creature diaboliche che si muovono tra le mura domestiche (pensiamo al celebre “Post Tenebras Lux”). La risposta tuttavia è dietro l’angolo Continua a leggere

Confessions

di Tetsuya Nakashima (Giappone, 2010)

“Confessions” (“Kokuhaku”) è il primo thriller diretto da Tetsuya Nakashima, regista giapponese in precedenza conosciuto e apprezzato in patria per le sue colorate commedie pop. Questo cambio di rotta si rivela un passo importante per la sua carriera: “Confessions” entra infatti nella cosiddetta short-list come candidato per l’Oscar al miglior film straniero Continua a leggere

Ghost Town Anthology

di Denis Côté (Canada, 2019)

Denis Côté è un regista indipendente da tanti anni attivo in Québec, una provincia a maggioranza francofona del Canada orientale. Il suo cinema (sperimentale) è fortemente legato alle zone rurali di questo territorio, spazi e luoghi indefiniti dove i rapporti umani sono spesso segnati dalla solitudine e da un senso di costante isolamento: “Curling” (2010) Continua a leggere

The Village

di M. Night Shyamalan (Stati Uniti, 2004)

Se con il pregevole “Il Sesto Senso” (1999) il regista indiano naturalizzato americano M. Night Shyamalan era riuscito a mettere d’accordo tutti, la sua restante filmografia ha diviso sia pubblico che la critica fino ai giorni nostri. In attesa di vedere “Old” (2021), non abbiamo ancora trovato modo di spendere due parole su pellicole a nostro avviso poco riuscite Continua a leggere

Them

di David Moreau e Xavier Palud (Francia/Romania, 2006)

Durante la prima decade di questo secolo, il cinema francese ha ricoperto un ruolo di primaria importanza per il rilancio del genere horror, un passaggio obbligato che ha fatto la felicità di tanti appassionati. Non parliamo soltanto di pellicole estreme come “Alta Tensione” (2003), “À L’Intérieur” (2007) o “Martyrs” (2008), ma anche di inquietanti prodotti Continua a leggere

Nói Albinói

di Dagur Kári (Islanda, 2003)

C’è poco da stare allegri con “Nói Albinói”, produzione islandese del 2003 che lascia davvero poco spazio alla speranza. La location isolata (un piccolo paese sulla costa nord-occidentale dell’isola) parla da sola, perché trascorrere gran parte della propria esistenza circondati da cumuli di neve non deve essere affatto semplice. Poi c’è il diciassettenne Nói Continua a leggere

The Lodge

the lodgedi Severin Fiala e Veronika Franz (Canada/Gran Bretagna, 2019)

Sono trascorsi più di cinque anni dal precedente (e notevole) “Goodnight Mommy” (2014), pellicola austriaca giustamente sostenuta da molte recensioni positive: un trampolino di lancio che ha permesso a Veronika Franz e Severin Fiala di fare un salto non indifferente, in quanto “The Lodge” è una produzione targata Hammer girata in lingua Continua a leggere

El Club

el clubdi Pablo Larraín (Cile, 2015)

Dopo averci raccontato con grande personalità alcune storie drammaticamente incastonate al tempo della dittatura cilena, nel 2015 Pablo Larraín sposta la sua prospettiva verso un altro tema scottante, quello legato al mondo della religione. Con “El Club” il regista si aggiudica numerosi premi, tra cui l’Orso d’Argento al Festival di Berlino: nonostante l’argomento molto duro trattato nel film Continua a leggere

The Lighthouse

the lighthousedi Robert Eggers (Canada, 2019)

Ambientare un film su un’isola sperduta e in un secolo remoto (dove comunicare con la terraferma è impossibile) sembra aver contagiato non pochi registi, lo abbiamo visto recentemente con Xavier Gens (le valide derive fantastiche di “Cold Skin”) e con Kristoffer Nyholm (suo l’interessante ma incompiuto “The Vanishing”). Storie di solitudine e di follia da cui non poteva sottrarsi neppure Robert Continua a leggere

Black Mountain Side

black mountain sidedi Nick Szostakiwskyj (Canada, 2014)

Un horror ambientato in un territorio sepolto dalla neve parte già con le peggiori intenzioni, perché il senso di isolamento e di solitudine suggerito da questo panorama spesso non permette vie di fuga ai malcapitati di turno. Ne sappiamo qualcosa con “The Thing” (1982) di John Carpenter, un film che più di altri (incluso il suo padrino naturale del 1951) ha ispirato pellicole di questo tipo. “Black Mountain Continua a leggere