Robogeisha

di Noboru Iguchi (Giappone, 2009)

Insieme a Yoshihiro Nishimura (autore del cult “Tokyo Gore Police” nonché quotato effettista), Noboru Iguchi ha lasciato un ricordo assolutamente folle all’interno del cinema giapponese più weirdo ed esagerato. Prima di virare con forza verso le commedie horror di taglio grottesco-demenziale (gli allucinanti “Zombie Ass” e “Dead Sushi”), Iguchi si è Continua a leggere

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This Transient Life

di Akio Jissôji (Giappone, 1970)

Akio Jissôji (1937-2006) è stato un regista giapponese che ha attraverso diverse fasi cinematografiche: noi ce lo ricordiamo sia per i primi lungometraggi (la cosiddetta trilogia buddista, composta da “This Transient Life”, “Mandara” e “Poem”) che per il segmento presente nell’horror estremo “Rampo Noir” (2005), senza dimenticare l’importante Continua a leggere

2ldk

di Yukihiko Tsutsumi (Giappone, 2003)

“2LDK” (in Giappone, questa sigla si riferisce a un appartamento con due camere da letto) è un film nato per scommessa. Durante il 2003, i registi Yukihiko Tsutsumi e Ryûhei Kitamura decisero infatti di sfidarsi a vicenda, girando due pellicole con una coppia di personaggi all’interno di una piccola abitazione. Pochi yen per entrambi e una sola Continua a leggere

Creepy

di Kiyoshi Kurosawa (Giappone, 2016)

A Kiyoshi Kurosawa sono sempre bastate le atmosfere, sia durante la fase J-horror che in tempi più recenti, quando il regista ha allargato ulteriormente i suoi confini cinematografici. Nel caso di “Creepy” (il titolo è tutto un programma), a far paura non è una presenza sovrannaturale o qualche scena annaffiata con il sangue, bensì un semplice vicino di Continua a leggere

Irezumi

di Yasuzô Masumura (Giappone, 1966)

In giapponese, irezumi significa letteralmente inserire inchiostro nero. È il tatuaggio per eccellenza del Sol Levante (artisticamente parlando, è caratterizzato da colori molto accesi e da ampi disegni), un segno distintivo spesso utilizzato dagli appartenenti alla Yakuza (la famigerata mafia nipponica). Nel 1966, un talentuoso regista del calibro Continua a leggere

Confessions

di Tetsuya Nakashima (Giappone, 2010)

“Confessions” (“Kokuhaku”) è il primo thriller diretto da Tetsuya Nakashima, regista giapponese in precedenza conosciuto e apprezzato in patria per le sue colorate commedie pop. Questo cambio di rotta si rivela un passo importante per la sua carriera: “Confessions” entra infatti nella cosiddetta short-list come candidato per l’Oscar al miglior film straniero Continua a leggere

Rashômon

di Akira Kurosawa (Giappone, 1950)

Si potrebbe parlare a lungo del pessimismo presente nel cinema di Akira Kurosawa: abbiamo scelto di farlo attraverso uno dei suoi capolavori assoluti, “Rashômon”, il film che ha spalancato le porte del successo internazionale al regista giapponese (il doppio trionfo prima a Venezia e poi agli Oscar ha segnato in maniera indelebile il nostro rapporto Continua a leggere

Gimme Shelter

di Hisayasu Satô (Giappone, 1986)

Verso la metà degli anni ottanta, il cinema underground giapponese aggiorna automaticamente le sue tematiche, puntando i propri riflettori sul lato oscuro di una società sempre più tecnologica e protesa verso il futuro. Il benessere e lo sviluppo da un lato, la nevrosi e la frustrazione nel rovescio della medaglia, con la famiglia (disfunzionale) spesso al Continua a leggere

Tokyo Sonata

di Kiyoshi Kurosawa (Giappone, 2008)

Esistono tanti modi per mettere in scena la dissoluzione di una famiglia, lo abbiamo visto di recente anche in terra nipponica: pensiamo al perverso “Visitor Q” (2001) di Takashi Miike oppure al viscerale “Cold Fish” (2010) di Sion Sono, due pellicole dove la disintegrazione familiare passa inesorabilmente dal sovvertimento delle Continua a leggere