
di Lee Sang-Woo (Corea del Sud, 2010)
“Father Is A Dog” (“Abeojineun Gaeda”) rappresenta il secondo capitolo di una bad family trilogy cominciata un anno prima con “Mother Is A Whore” (2009) e terminata nel 2014 con “I Am Trash”. Come abbiamo già appurato con il precedente capitolo, Lee Sang-Woo non è un regista a cui interessa raccogliere consensi su scala internazionale (a differenza di molti suoi colleghi conterranei). Le sue, infatti, sono pellicole sgradevoli e destabilizzanti ma sono soprattutto film girati con budget irrisori rispetto alle tante opere coreane già celebrate in lungo e in largo. In poche parole, questo è puro cinema underground.
La famiglia, stavolta, è declinata interamente al maschile: conosciamo tre fratelli, il primo dei quali affetto da un ritardo mentale, il secondo (anch’egli tutt’altro che lucido) appassionato di pittura e poi un terzo più grande, l’unico in grado di mantenere un po’ di ordine in quel caos. Ma è il padre-padrone a muovere i fili del gioco, un uomo violento (il figlio più piccolo, picchiato costantemente, vive con un elmetto in testa!) oltre che perverso (egli abusa sessualmente di un ragazzetto cinese appena maggiorenne, condotto da poco tra quelle mura). Tempo dopo, anche una giovane fortemente disturbata fa il suo ingresso nell’appartamento, facendo letteralmente degenerare la situazione.
A differenza del più variegato “Mother Is A Whore”, questo secondo tassello della trilogia punta su delle atmosfere volutamente opprimenti: non a caso, la maggior parte delle riprese sono state effettuate all’interno della casa (un luogo spoglio e cupo), anche se non c’è da stare allegri neppure fuori, perché da quelle parti nevica e fa un freddo cane. A lungo andare, questo approccio non rinvigorisce in alcun modo le vicende, considerando che non possiamo parlare di una trama vera e propria, bensì di una lenta e silenziosa discesa verso la follia più assoluta (i dialoghi tendono a spegnersi con il passare dei minuti).
Ancora una volta, la famiglia (disfunzionale) sbattuta sullo schermo da Lee Sang-Woo nasconde al suo interno degli orrori indicibili, un degrado umano che spesso corrisponde a situazioni realmente accadute (il regista prende sempre ispirazione dai più tristi episodi di cronaca). Motivo per cui “Father Is A Dog”, pur allargando i suoi orizzonti verso qualche scena involontariamente grottesca, si infila perfettamente sulla scia del suo predecessore, ponendosi soltanto mezza spanna al di sotto. Lontano dai riflettori, c’è una Corea del Sud ancora più deprimente e malsana, quella raccontata da queste opere pregne di totale disagio.

(Paolo Chemnitz)
