
di Robert Sigl (Germania Ovest/Ungheria, 1989)
Fino a questo momento, “Laurin” è l’unico lungometraggio diretto dal tedesco Robert Sigl, un regista praticamente sconosciuto la cui carriera prosegue ancora oggi (nel mondo delle produzioni televisive). Alcuni anni fa, i sempre attenti organizzatori del Fantafestival, ospitarono Sigl a Roma per il trentennale di questa particolarissima pellicola: fu un’occasione rara (se non unica) per conoscere da vicino uno degli ultimi horror usciti nella Germania ancora divisa dal muro (ricordiamo comunque che la realizzazione del film è condivisa con l’Ungheria. La location e il cast sono infatti esclusivamente magiari).
Ci troviamo agli albori dello scorso secolo: in una piccola città portuale, una bambina di nome Laurin comincia ad avere delle disturbanti visioni legate alla scomparsa di alcuni suoi coetanei (questi ragazzini vengono avvicinati da un individuo misterioso). Dopo la prematura scomparsa della madre, la piccola protagonista è rimasta da sola con la nonna, poiché suo padre è un marinaio e spesso si allontana per interi mesi da casa. Sarà proprio Laurin a scoprire il segreto che si cela dietro questi inquietanti eventi.
Nonostante una narrazione decisamente scarna e una presenza alquanto centellinata dei dialoghi, il film cattura l’attenzione grazie a una serie di prerogative a dir poco ammalianti: l’incredibile ambientazione post-romantica, i tappeti incalzanti della colonna sonora e le valide scenografie permettono a “Laurin” di elevarsi al di sopra di una semplice sufficienza, al di là di qualche passaggio inevitabilmente noioso. Una volta appagato il nostro sguardo, il resto vien da sé (in questo caso, risulta decisivo affondare nel mood surreale della pellicola).
C’è da dire che “Laurin” non è un horror nel senso stretto del termine, poiché Robert Sigl si inoltra profondamente verso territori diversi dal solito: quelli di una fiaba nera (per adulti) intrisa di simboli e di metafore, un’opera gotica nella quale i dettagli contano maggiormente rispetto alla storia. Pur distante dall’approccio fantasmagorico del celebre “Valerie And Her Week Of Wonders” (1970) di Jaromil Jireš, “Laurin” condivide alcune similitudini con l’oscuro e criptico coming of age cecoslovacco (il substrato erotico è presente in entrambi i casi). Tuttavia, nel film di Sigl, la protagonista non deve fare i conti con le mirabolanti disavventure della crescita, bensì con l’ombra nefasta della morte e con gli orrori che possono traumatizzare per sempre una piccola creatura come lei. Il regista tedesco ce lo espone attraverso le immagini, i colori e le suggestioni, lasciando che la poesia prenda il sopravvento sulla realtà materiale e tangibile dei fatti. Un’esperienza onirica tanto complessa quanto stimolante.

(Paolo Chemnitz)

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Hi there!
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I’m not yet on letterboxd, sorry 🙂
Thanx for your kind words, ciao!
Paolo
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