Ladybug Ladybug

di Frank Perry (Stati Uniti, 1963)

Le bombe atomiche sganciate in Giappone hanno spalancato una finestra su scenari ancora più apocalittici. Ecco perché, durante i lunghi decenni contraddistinti dalla guerra fredda, ogni timore è diventato paranoia, così come ogni paura si è trasformata in ossessione. Questa breve ma incisiva pellicola americana del 1963 affronta le dinamiche psicologiche dettate da un possibile attacco nucleare, prendendo ispirazione da un episodio di cronaca realmente accaduto in quegli anni.
Ci troviamo in un angolo remoto degli States: mentre dei bambini sono a scuola, nel paese comincia a suonare l’allarme che precede l’arrivo di un attacco atomico. È una semplice esercitazione oppure si sta per materializzare il peggiore degli incubi? Questo non lo sappiamo, poiché le comunicazioni sono appena saltate e non è semplice comprendere cosa stia realmente accadendo. Nonostante gli adulti (i genitori dei ragazzini ma anche gli insegnanti stessi) cerchino di mantenere la calma minimizzando la situazione, presto il panico e l’inquietudine prendono il sopravvento.
Se lo sconvolgente capolavoro “Threads” (1984) ci ha mostrato (meglio di qualunque altra pellicola) gli effetti immediati di un disastro nucleare, “Ladybug Ladybug” ne ha posto le basi, criticando non solo l’assurdità della guerra ma anche l’idiozia e l’egoismo degli esseri umani (“siamo tutti cattivi”). Il punto di vista del regista Frank Perry è molto interessante, poiché viviamo questi momenti di tensione attraverso lo sguardo di alcuni bambini, da cui traspare una forte sensibilità tuttavia minata da un’incombente perdita della ragione: nel bunker sotterraneo l’ossigeno è limitato, dunque non è possibile accogliere ogni persona (così facendo, c’è chi è costretto a cercare un’ipotetica salvezza all’interno di un frigorifero).
Questa prospettiva non è poi così dissimile da quella assaporata nel contemporaneo “Il Signore Delle Mosche”, opera a sua volta ispirata all’omonimo romanzo di William Golding pubblicato nel 1954. Entrambe le pellicole condividono una visione negativa del genere umano, anche se per ovvie ragioni, “Ladybug Ladybug” a lungo andare si rivela meno appassionante per via del suo approccio semi-documentaristico (la narrazione è priva di scintille). Sul piatto, resta comunque un film dal fascino indiscutibile, un ennesimo atto di accusa contro la scelleratezza della guerra e contro la stoltezza dei nostri simili. Non tutti, ma la maggior parte.  

(Paolo Chemnitz)

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...