Il Cervello Che Non Voleva Morire

di Joseph Green (Stati Uniti, 1962)

Tra le figure di spicco del cinema fantastico, c’è quella del mad doctor, uno scienziato pazzo intenzionato a sovvertire il codice etico e morale della sua disciplina, in modo tale da raggiungere dei pericolosi nonché rischiosi obiettivi personali. A tal proposito, esiste una linea di congiunzione capace di unire le tante pellicole incentrate su questo personaggio, anche se l’esempio più classico ci conduce direttamente al celebre romanzo “Frankenstein” di Mary Shelley. “Il Cervello Che Non Voleva Morire” (“The Brain That Wouldn’t Die”) è un b-movie in perfetta sintonia con quanto detto, un piccolo fantahorror realizzato con pochi soldi ma con tanta passione per la materia.
Al centro della storia c’è il Dottor Bill Cortner (Jason Evers), un chirurgo di successo appena coinvolto in un terribile incidente stradale: lui è uscito illeso dalla macchina, al contrario della sua fidanzata Jan, rimasta decapitata in seguito all’impatto. Dopo aver raccolto la testa mozzata della sua amata, Bill la porta in un seminterrato, dove cerca di farla rivivere utilizzando dei cavi elettrici e dei fluidi chimici. La sua idea è quella di ricostruire interamente quel corpo (Jan vorrebbe morire e prova inutilmente a dissuaderlo), cercando nei locali notturni delle donne adeguate per l’esperimento. Un modus operandi raccapricciante e non privo di sorprese, anche perché dentro quel laboratorio si nasconde qualcosa di veramente mostruoso.
Mettiamo subito le cose in chiaro: se non fosse esistita l’opera di Joseph Green, anni dopo sarebbe stato molto più difficile concepire dei film di culto come “Re-Animator” (1985) oppure “Frankenhooker” (1990). Si tratta del filo invisibile di cui sopra, perché ogni mad doctor apparso sul grande schermo sembra un parente stretto del precedente. Il nostro Bill Cortner non scherza affatto, così come l’intero lavoro, a tratti piuttosto audace nonostante il periodo di realizzazione (idea malsana a parte, “Il Cervello Che Non Voleva Morire” ci sbatte in faccia qualche sequenza decisamente forte per l’epoca).
Il budget è quello che è, ma Joseph Green fa di necessità virtù, evitando di dilungarsi eccessivamente nelle scene girate lontano dal laboratorio (quelle più noiose, purtroppo). La regia è spartana, la storia è ridotta ai minimi termini, eppure il fascino presente tra questi fotogrammi sopperisce alle tante imperfezioni che ovviamente sono incluse nel pacchetto: con tali prerogative, qualcuno potrebbe trovare grottesco (per non dire ridicolo) il lungometraggio in esame, ma proprio grazie al suo lato weirdo, “Il Cervello Che Non Voleva Morire” ci offre i suoi momenti migliori. È un cinema a cui vogliamo bene, a prescindere da tutto.

(Paolo Chemnitz)

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