
di Lee Haven Jones (Gran Bretagna, 2021)
“The Feast” rappresenta il debutto sul grande schermo per il regista Lee Haven Jones (per lui un passato ma anche un presente nel mondo delle serie televisive). Si tratta di un horror 100% british, in questo caso segnato dall’utilizzo specifico della lingua gallese e da una serie di retaggi folk legati a doppio filo con il territorio circostante (il film è stato recentemente doppiato in italiano, il consiglio però è quello di guardarlo nella sua versione originale).
Cadi (molto brava Annes Elwy) è una timida e riservata domestica chiamata all’ultimo istante per sostituire una sua collega: la ragazza, una volta giunta in una ricca dimora immersa nel verde, deve aiutare la padrona di casa (Glenda) per i preparativi di una lussuosa cena, un banchetto al quale parteciperanno i figli della donna (due giovani dal comportamento borderline), suo marito e un paio di ospiti importanti (un uomo che conduce loschi affari con questa famiglia e una signora da cui vogliono acquistare un terreno là vicino). Tuttavia, i protagonisti sottovalutano il fatto che quel pezzo di terra è considerato intoccabile dalla comunità locale.
Con “The Feast” ci troviamo davanti all’ennesimo slow burn horror di nuova generazione, una pellicola capace di infiammarsi soltanto durante gli ultimi venti-venticinque minuti, quando l’elemento destabilizzante entra in gioco mettendo con le spalle al muro i vari malcapitati: tutto quello che accade prima è infatti una lenta immersione preparatoria, un lungo preambolo dalle dinamiche piuttosto inquietanti nonostante l’eccessiva dilatazione narrativa (le atmosfere funzionano, la confezione è valida, ma ciò non giustifica affatto il vuoto cosmico di alcune sequenze buttate nella mischia soltanto per allungare il brodo).
Cadi incarna la vendetta della natura contro l’egoismo di una borghesia sempre più avida e arrogante: Lee Haven Jones affida a lei questo compito, allargando l’orizzonte attraverso una perversa deriva sovrannaturale capace di ampliare ulteriormente l’esplosione estrema della fase conclusiva (il violento utilizzo del sonoro completa a dovere un quadro generale alquanto fosco e minaccioso).
A conti fatti, “The Feast” rappresenta un esordio senza dubbio intrigante, tuttavia penalizzato da una storia fin troppo piatta e da una serie di metafore sfruttate solo in parte. Poteva essere un folk-horror duro e puro (il motivetto cantato da Cadi, la superstizione legata a quel terreno…), invece non lo è, poiché si galleggia furbescamente tra le diverse sfaccettature del genere di riferimento, incluse quelle di marca mystery-thriller. Se a guadagnarci è un mood davvero cupo e straniante, a perderci è uno script a tratti noioso e superficiale (il voto complessivo è di tre stelline, ma con un pizzico di generosità).

(Paolo Chemnitz)
