
di Dennis Hopper (Canada, 1980)
“Snack Bar Blues” (il titolo originale “Out Of The Blue” è ispirato a un pezzo di Neil Young presente nella colonna sonora) è un dramma poco conosciuto. In effetti, se nominiamo un mostro sacro come Dennis Hopper (1936-2010), le prime cose che ci vengono in mente sono “Easy Rider” (1969) oppure la sua lunga e brillante carriera nelle vesti di attore.
Erano molti anni che Hopper non dirigeva un film: l’occasione giunse all’improvviso quando egli fu ingaggiato last minute per rimpiazzare dietro la macchina da presa il collega Leonard Yakir. Inoltre, il regista colse la palla al balzo per modificare la sceneggiatura, trasformando la pellicola in una sorta di sequel spirituale di “Easy Rider”.
La giovane attrice Linda Manz (per lei anche un’apparizione nel cult “Gummo”) qui interpreta il ruolo della sua vita. Quello di Cebe, una ragazzina appassionata di musica punk e di Elvis Presley. Il suo personaggio è stato persino celebrato in un singolo dei Primal Scream (“Kill All Hippes”), nel quale è presente il campionamento di una frase da lei pronunciata nel film (“subvert normality. Punk is not sexual, it’s just aggression. Destroy. Kill all hippies”). Purtroppo, per la ragazza le cose non vanno affatto bene: se il padre molesto e alcolizzato (lo stesso Dennis Hopper è Don) è stato sbattuto in carcere dopo aver causato un terribile incidente stradale, la madre (eroinomane) si concede al proprietario del ristorante per cui lavora.
Essendo stato cambiato in corsa (ogni singolo mattino, Hopper modificava a suo piacimento la sceneggiatura), lo script di “Snack Bar Blues” si rivela praticamente superfluo davanti alle sporche sensazioni trasmesse dall’opera: è infatti il mood a farla da padrona, il lato oscuro di un’epoca ancora una volta intrisa di disagio e di ribellione (viene compiuto l’inesorabile passaggio di consegne tra l’America profonda di “Easy Rider” e un’età depressa nonché priva di certezze, un delicato periodo storico incarnato da queste nuove sottoculture). A tal proposito, il film (girato a Vancouver) ci offre persino qualche affascinante spaccato live, come nella scena in cui Cebe è invitata a suonare la batteria insieme ai Pointed Sticks, storica punk band canadese.
Pur nella sua narrazione frammentata, “Snack Bar Blues” è quindi un lungometraggio capace di lasciare il segno fin sotto la pelle, anche solo per quel finale così amaro e annichilente. Focalizzandosi sulla psicologia tormentata della minuta protagonista, le intenzioni di Dennis Hopper vengono così affiancate da un crescendo tragico e turbolento: dopotutto, far scontrare la complessa fase di crescita di una ragazzina con il trauma generato da una famiglia disfunzionale, non può che alimentare una miscela inesorabilmente esplosiva. Per fortuna, c’è sempre la musica, la migliore medicina per scappare da un mondo crudele.

(Paolo Chemnitz)
