Criminally Insane

di Nick Millard (Stati Uniti, 1975)

“Criminally Insane” non solo è il titolo di un brano degli Slayer, ma è anche il nome di un prodotto underground girato in California nel lontano 1973. Di recente, il film è stato distribuito in edizione home video pure dalle nostre parti (in versione originale con sub in italiano), un recupero affascinante nonostante si tratti di un horror inferiore alla media generale del periodo.
Nick Millard lavora con due dollari e con un bagaglio tecnico assolutamente inadeguato, puntando però sul faccione inquietante e sul fisico imponente di Priscilla Alden, ovvero Ethel, la protagonista del film: è lei che regge con discreta disinvoltura questi sessanta minuti di pellicola, permettendoci di sprofondare nella sua mente malata e disturbata senza la possibilità di uscirne fuori incolumi. Una volta dimessa dalla clinica psichiatrica dove era ospitata, la donna torna a vivere nella casa della nonna, la quale le proibisce di mangiare in sua assenza, nascondendole il cibo o chiudendolo a chiave dentro qualche cassetto. L’obesa Ethel tuttavia non accetta queste regole (“il mio cuore sta bene finché lo stomaco è pieno”) e ammazza la vecchia signora a coltellate, il primo di una lunga serie di delitti in cui sono coinvolte le varie persone che osano ficcare il naso tra quelle mura.
“Criminally Insane” è puro cinema grindhouse, un delirio privo di qualsiasi illuminazione ma allo stesso tempo ricco di marciume e di situazioni politicamente scorrette: con la trama ridotta ai minimi termini (in un’ora non c’è molto da sviluppare), il film si concentra sugli scatti d’ira della nostra psicopatica, mostrando non poca violenza al di là degli effetti alquanto spartani (il sangue è ancora realizzato con la vernice color rosso brillante).
Pur non rientrando tra le visioni fondamentali di quella magica decade, “Criminally Insane” (in Italia qualcuno ha pensato bene di ribattezzarlo “La Grassa Grossa Follia Omicida Di Ethel”) è un lavoro che ribadisce un concetto molto semplice: sempre meglio un horror a basso costo degli anni settanta che un simile prodotto contemporaneo privo di spunti e di originalità. In fin dei conti, un tempo bastava davvero poco per non deludere i vecchi appassionati del genere. Nick Millard, nonostante una regia disgraziata, aveva ben afferrato il concetto. “Criminally Insane” si rivela infatti un horror malaticcio e dal mood decisamente cupo, merito anche dell’immancabile fotografia sgranata e di una scena finale assolutamente cult. Infine, viene da chiedersi se l’obesità di Ethel può essere ricondotta a un male molto più ampio collegato alla società americana, un finto paradiso costantemente all’ingrasso, dove il consumo sfrenato di cibo e di beni materiali può portare alle più estreme conseguenze.

(Paolo Chemnitz)

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