
di Phil Tippett (Stati Uniti, 2021)
Per entrare nella storia del cinema, non bisogna essere per forza registi o attori: provate a chiederlo a Phil Tippett (per lui solo due lungometraggi dietro la macchina da presa), un mostro sacro degli effetti speciali. Alcuni titoli per cui ha lavorato? “Guerre Stellari”, “Indiana Jones e Il Tempio Maledetto”, “RoboCop” e poi ancora “Jurassic Park”, film che nel 1994 ha permesso a Tippett di vincere il premio Oscar nella categoria di riferimento.
“Mad God” rappresenta invece un lungo parto durato circa trent’anni, un’opera di animazione (girata anche con l’ausilio di attori in carne e ossa) voluta fortemente dal nostro illustre californiano. Questi novanta minuti scarsi di visione riassumono in un sol colpo la grande passione di Tippett per il fantastico, collegando la decadenza di un mondo perduto alla psichedelia di alcune immagini più luminose e schizzate: la trama però è praticamente inesistente, non a caso l’unico vero protagonista (se così possiamo chiamarlo) è un uomo sceso tra queste lande distopiche attraverso una sorta di campana subacquea. La sua è una semplice esplorazione del territorio, uno spazio angusto popolato da strambi personaggi e da orribili e grottesche creature.

Mettiamo subito una cosa in chiaro: “Mad God” è cinema puramente anti-narrativo, dunque è cibo per gli occhi più che per la mente. Bisogna soltanto lasciarsi immergere tra queste incredibili e suggestive atmosfere, chiedendosi allo stesso tempo il perché di un titolo così profetico. È forse questo il mondo a cui stiamo andando incontro? Se quindi Dio esiste, per Phil Tippett altro non è che un folle, un pazzo scriteriato degno della peggiore feccia umana. Sfoggiando delle scenografie da incubo post-atomico, “Mad God” ci guida così dentro un labirinto ai limiti dell’horror estremo, regalandoci delle scene davvero indimenticabili, come quella del neonato-vermiforme estratto dopo una lunga e malsana operazione.
Pur nelle sue divagazioni prive di senso, la pellicola si pone esattamente in antitesi rispetto alla confusione fine a se stessa vista nel recente “Kuso” (2017), un esempio non troppo dissimile dall’opera qui in esame: questo per sottolineare non solo la bravura e l’esperienza del regista/effettista americano, ma anche il suo spirito visionario degno dei migliori prodotti di matrice fantahorror. “Mad God” è infatti un delirio in stop-motion capace di comunicare con lo spettatore a livello inconscio (scordatevi i dialoghi, non ci sono), un po’ come era accaduto in passato con il cult “Begotten” (1990). In questo caso, è la creatività di Tippett a scacciare via ogni dubbio, consegnandoci un prodotto non per tutti i palati ma a suo modo geniale.

(Paolo Chemnitz)
