Lady In A Cage

di Walter Grauman (Stati Uniti, 1964)

Nel 1964, non era facile imbattersi in un film come “Lady In A Cage” (da noi, “Un Giorno Di Terrore”). Un prodotto claustrofobico, beffardo e con un livello di violenza ben superiore alla media, grazie soprattutto all’efficace commistione tra thriller e horror. È giunto dunque il momento di rivalutare l’operato di Walter Grauman, un regista la cui professione ha comunque trovato maggiori sbocchi in ambito televisivo (dal 1984 al 1996, sarà proprio lui a dirigere la bellezza di cinquantatré episodi de “La Signora In Giallo”).
Una sempre ottima Olivia de Havilland (qui nella fase calante della sua carriera) interpreta la signora Cornelia Hilyard, una donna benestante (con il femore fratturato) costretta a utilizzare dentro casa un piccolo ascensore per salire o scendere tra un piano e l’altro. Suo figlio Malcolm sta partendo per il fine settimana, è estate e le strade sono intasate di automobili dirette verso i luoghi di villeggiatura. Ma questa non è solo l’America del boom economico, perché i veri protagonisti della storia sono dei reietti senza scrupoli (“Murderers! Neanderthals! Monsters! Monsters!”). A causa di un blackout elettrico, Cornelia resta infatti bloccata dentro quel piccolo elevatore: il campanello d’allarme attira però nella sua casa prima un barbone alcolizzato e poi tre teppisti (Randall è interpretato da un giovane James Caan, attore che rivedremo più avanti in molti altri film, tra cui “Misery”).  
Walter Grauman dipinge una società completamente indifferente al destino del prossimo: c’è chi se ne va allegramente al mare con la famiglia e chi invece se ne approfitta delle disgrazie altrui, cogliendo la palla al balzo per fare razzia all’interno del succitato appartamento. Il contrasto tra l’America della ricchezza e quella dimenticata degli emarginati si rivela dunque una costante del film, una prerogativa successivamente avvalorata da un tragico e concitato epilogo, in cui la violenza diventa l’unica possibilità per mettere fine alle asfissianti vicende.
“Lady In A Cage” di difetti ne ha pochi: se alcuni passaggi della pellicola risultano piuttosto ridondanti (la location è ovviamente circoscritta), c’è da dire che il tempo è stato abbastanza inclemente con quelle che oggi potremmo definire delle semplici ingenuità (un esempio su tutti, i monologhi iniziali della signora Hilyard, una volta impossibilitata a uscire fuori da quelle sbarre di ferro). Nonostante ciò, “Lady In A Cage” merita assolutamente una riscoperta definitiva, considerando che qui vengono gettati i semi per lo sviluppo del cinema home invasion, un (sotto)genere che di strada ne ha fatta parecchia durante gli ultimi decenni. Questa è una società cinica e menefreghista che genera mostri, senza distinzioni di classe.

(Paolo Chemnitz)

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