
di Larry Fessenden (Stati Uniti, 2001)
Wendigo è il nome di una creatura leggendaria legata alla mitologia dei nativi americani: gli Algonchini per l’esattezza, dunque gli indigeni stanziati nella regione nord-orientale del paese (la zona dei grandi laghi tra gli Stati Uniti e il Canada). Il Wendigo è un essere demoniaco divoratore di uomini, spesso descritto con il corpo scheletrico di un essere umano e la testa di un cervo. Anche se i film completamente incentrati sull’argomento si contano sulle dita di una mano, non possiamo non ricordare lo strampalato “Frostbiter: Wrath Of The Wendigo” del 1996 (distribuito dalla Troma) o il recente “Antlers” del 2021, quest’ultimo facilmente accostabile alla corrente folk-horror.
Cosa possiamo dire invece di questo prodotto diretto da Larry Fessenden? In realtà nulla di speciale, nonostante un incipit davvero intenso e carico di nervosismo. George è un fotografo professionista intenzionato a staccare per qualche giorno dalla stressante routine di New York: lo seguiamo in viaggio sulle nevose strade del nord, in attesa di una vacanza rigenerante insieme alla sua famiglia (in auto con lui, ci sono la moglie Kim e il figlio Miles). Durante il tragitto, l’uomo non riesce a frenare in tempo quando un cervo gli appare improvvisamente davanti alla macchina. L’uccisione dell’animale attira tre bifolchi sul luogo dell’incidente, tra cui il burbero Otis, con cui George ha un diverbio. Da qui hanno inizio le vicende del film, un lavoro a metà strada tra l’horror e il thriller sovrannaturale.
Realizzato con un budget esiguo seguendo le regole del Dogma95 (nel 2001, non erano pochi i seguaci di questo movimento cinematografico), “Wendigo” si rivela una pellicola dalle buone atmosfere ma povera di contenuti: una volta superata la fase iniziale, l’opera lascia infatti eccessivo spazio alle chiacchiere familiari, al di là di un mistero che lentamente comincia a emergere in maniera piuttosto inquietante (la sensibilità del figlio Miles è la chiave per comprendere tali dinamiche). Inoltre, le rare apparizioni della creatura non riescono a trasmettere alcuna tensione, colpa degli effetti fin troppo spartani che vanno di pari passo con un linguaggio estetico eccessivamente scarno (alcuni passaggi del lavoro riportano in mente certi telefilm dei 90s).
Puntare tutto sulla psicologia del piccolo Miles e sugli umori invernali della location ha senza dubbio il suo fascino, però sono tanti i momenti di noia causati da una sceneggiatura priva della giusta consistenza. “Wendigo” è quindi, a dispetto delle sue intenzioni, una pellicola dimenticabile a cui manca sia il ritmo che l’identità: a qualcuno sta bene così, noi invece vi consigliamo di passare oltre.

(Paolo Chemnitz)
