The Reptile

di John Gilling (Gran Bretagna, 1966)

Se con “The Plague Of The Zombies” (“La Lunga Notte Dell’Orrore”) John Gilling aveva rimesso in circolo le più inquietanti sensazioni legate al cinema dei morti viventi (quello ovviamente di matrice haitiana), con il film gemello “The Reptile” (“La Morte Arriva Strisciando”) egli realizza un valido diversivo sempre targato Hammer Film Productions, raccontandoci una storia ricca di mistero e dai risvolti persino esotici. Entrambe le pellicole furono girate in contemporanea sfruttando il medesimo set, un villaggio nel Berkshire per l’occasione fatto passare per la Cornovaglia.
Dopo la morte (in circostanze poco chiare) del fratello Charles, Harry Spalding eredita il suo cottage e si trasferisce con la moglie Valerie all’interno di questa piccola comunità rurale, un villaggio funestato da una serie di delitti rimasti insoluti: quando il protagonista cerca di fare luce su tali eventi (tutti i cadaveri presentano sul collo i segni di un morso), gli (omertosi) abitanti del luogo mostrano nei suoi confronti un’ambigua diffidenza, a cominciare dal Dottor Franklyn. Per lui, non resta che scoprire le origini di una terribile maledizione proveniente da molto lontano.
Nel 1966, il cinema horror di marca britannica è ancora legato a doppio filo a un immaginario gotico, sovrannaturale e pregno di atmosfere cupe e nebbiose: non a caso, il sangue copioso, i villain psicopatici e gli incubi metropolitani appartengono a un altro periodo, a un decennio successivo nel quale la Hammer tentò (senza successo) di aggiornare/modernizzare le sue opere, finendo miseramente in bancarotta. John Gilling, per nostra fortuna, ha saputo cogliere alla perfezione lo spirito della sua epoca, puntando esclusivamente sul segreto di una comunità e su un’indagine dai risvolti torbidi e raccapriccianti.
C’è da dire che quando “The Reptile” gira le carte sul tavolo, la pellicola perde buona parte del suo fascino, mostrando in tutto e per tutto quelle ingenuità dettate da un cinema invecchiato in maniera inesorabile (oggi quegli effetti ci appaiono dannatamente vintage, così come la recitazione). Ma c’è davvero poco da rimproverare a questo lugubre lungometraggio, un prodotto dal soggetto originale e dagli umori alquanto creepy: sarebbe dunque sbagliato sottovalutare l’operato di questo regista londinese classe 1912, uno degli ultimi baluardi di un universo horror in procinto di mutare radicalmente nel giro di un paio di anni (come ben sappiamo, sarà Romero lo spartiacque).

(Paolo Chemnitz)

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...