
di Jan P. Matuszynski (Polonia, 2016)
Non bisogna per forza essere amanti del macabro per apprezzare le creazioni di Zdzisław Beksiński, uno dei più grandi artisti polacchi di recente memoria, un pittore giustamente celebrato anche al di fuori dei confini nazionali. Le sue opere più ammirate fanno davvero accapponare la pelle, perché l’arte di Beksiński è un tripudio di sofferenza e di tormento, un orrore spesso incastonato all’interno di surreali paesaggi post-apocalittici.
Il giovane regista Jan P. Matuszynski, qui al suo primo lungometraggio, dirige un biopic veramente ricco di particolari, spostando tutti gli equilibri dal Beksiński pittore al Beksiński padre di famiglia: “The Last Family” (“Ostatnia Rodzina”) parte infatti dal 1977, concludendosi nell’anno della morte del protagonista, il 2005 (quando l’artista fu assassinato con diciannove coltellate da un conoscente, poiché rifiutò di fargli un prestito). Durante questa fase di grandi cambiamenti (anche storici), siamo testimoni oculari della vita quotidiana di questo schivo personaggio e del suo rapporto con la moglie Zofia e con il figlio Tomasz (in realtà è lui il vero mattatore della pellicola).
Tomasz Beksiński è un ragazzo nevrotico, sensibile e ossessionato dal suicidio, nonostante un lungo periodo di celebrità non privo di soddisfazioni (all’inizio degli 80s, egli si impone come DJ, per poi diventare un affermato giornalista musicale). Ma il pittore è condannato a piangere sia la morte della moglie (malata) che il suicidio del figlio, avvenuto alla vigilia di Natale del 1999. Da qui una lunga depressione, una chiusura con quel mondo esterno che nel frattempo stava conoscendo il genio artistico di questo sfortunato surrealista distopico (in quegli anni, le collezioni di Zdzisław Beksiński approdano in alcuni prestigiosi musei giapponesi e americani).
Grazie all’enorme quantità di materiale a disposizione (la produzione ha attinto da una serie di filmati estrapolati dall’archivio Beksiński), non è stato difficile ricostruire per filo e per segno questa lenta discesa nella tragedia. Al di là di qualche momento ridondante (due ore di visione non sono affatto poche), “The Last Family” riesce infatti a catalizzare la nostra attenzione attraverso un’ottima regia (gli spazi interni sono notevolmente valorizzati dai movimenti della mdp) e degli attori eccellenti (spiccano le interpretazioni di Andrzej Seweryn e Dawid Ogrodnik, rispettivamente il padre e il figlio). Belle anche le atmosfere di un’epoca ormai passata, un mood sospeso tra la grigia edilizia socialista e la musica new wave (è possibile ascoltare, tra i tanti, Yazoo ed Ultravox).
In definitiva, “The Last Family” è un quadro più psicologico che artistico della famiglia Beksiński, un affondo che ci permette di penetrare nelle dinamiche più intime e controverse di questi individui. Jan P. Matuszynski evita perciò di scadere nel banale e nel superficiale, consegnandoci un biopic di valore destinato a sfociare nel dramma più assoluto.

(Paolo Chemnitz)

Molto interessante. Grazie per la segnalazione!
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