
di Antonio Bido (Italia, 1978)
È un peccato che i gialli di Antonio Bido siano arrivati fuori tempo massimo, rispettivamente nel 1977 (“Il Gatto Dagli Occhi Di Giada”) e nel 1978 (“Solamente Nero”). Troppo tardi, quando ormai ogni cosa era stata già detta. Eppure si tratta di due film tutto sommato dignitosi, al di là delle tante analogie con il cinema di Dario Argento, la fonte di ispirazione principale per il regista veneto.
“Solamente Nero” affianca al primo Argento delle atmosfere prese in prestito da “La Casa Dalle Finestre Che Ridono” (1976) di Pupi Avati. Sensazioni che affiorano immediatamente tra i canali di Murano, dove Stefano (un professore stressato) si reca in visita dal fratello Don Paolo (parroco di una chiesetta nella laguna veneziana). C’è subito una curiosità da rimarcare: Lino Capolicchio interpreta Stefano, mantenendo dunque lo stesso nome già utilizzato per il personaggio principale del capolavoro avatiano. Accanto a lui troviamo Sandra, una ragazza del posto conosciuta sul treno, nei cui panni c’è Stefania Casini (la Sara di “Suspiria”). Don Paolo rivela a Stefano di essere preoccupato per una serie di minacce ricevute, un timore che comincia a materializzarsi quando il paesino viene scosso da alcuni tragici delitti. Inizialmente, i sospetti ricadono sulle macabre sedute spiritiche organizzate da un gruppetto di strani individui (una medium, un medico, un nobile pedofilo e un’ostetrica abortista), ma gli eventi prendono presto una piega differente, grazie ad alcuni flashback incentrati sul passato di Stefano e ai vari indizi disseminati lungo il percorso (c’è anche un quadro misterioso da decifrare, giusto per non farsi mancare nulla).
Anche se la soluzione del caso è abbastanza scontata, “Solamente Nero” riesce a confondere per bene lo spettatore, buttando davvero tanta carne sul fuoco: che sia un pregio o un difetto questo lo lasciamo decidere a voi, perché mai come questa volta si può apprezzare oppure detestare un prodotto pieno zeppo di riferimenti alla vecchia tradizione dell’italian giallo. Colonna sonora inclusa, composta da Stelvio Cipriani ma per l’occasione eseguita dai Goblin. Discreta, ma non indimenticabile.
Infine, c’è da rimarcare un livello di sex & violence minore rispetto alla media generale, nonostante la buona realizzazione degli omicidi, uno dei quali veramente sadico. Detto questo, dalla valutazione complessiva dobbiamo per forza di cose togliere mezza stella, perché il carattere altamente derivativo della pellicola si tramuta più volte in una condanna vera e propria. Nessun problema per i die-hard fans del genere, basta saperlo prima, onde evitare il rischio di rimanere delusi da uno script privo di particolari scintille.

(Paolo Chemnitz)
