Tell Me Something

di Jang Yun-Hyeon (Corea del Sud, 1999)

Dopo un lungo periodo di oblio, con l’inizio del nuovo secolo il cinema sudcoreano si è rimesso in carreggiata grazie all’apporto di una serie di registi poi acclamati in giro per il mondo, le cui pellicole sono state distribuite praticamente ovunque. Sono soprattutto i film drammatici e i thriller a stupire ancora oggi sia il pubblico che la critica. Nel caso del thriller investigativo, parliamo di un genere codificato dal capolavoro “Memories Of Murder” (2003) di Bong Joon-Ho, anche se non possiamo affatto trascurare questo “Tell Me Something” di Jang Yun-Hyeon, grande successo in patria al botteghino per quanto riguarda il 1999.
Qui l’influenza americana è ben presente, non caso la sceneggiatura si rivela abbastanza schematica, sulla scia di quanto visto pochi anni prima con “Seven” (1995). L’indagine è affidata al Detective Cho (Han Suk-Kyu), un uomo coinvolto nel caso di un serial killer che amputa gli arti e la testa delle sue vittime, per poi ricomporre diversamente i resti dei vari cadaveri (creando una sorta di puzzle umano). Seguendo questa raccapricciante scia di sangue (durante le fasi iniziali del film, “Tell Me Something” preme non poco sul versante horror), Cho finisce per imbattersi in una bellissima donna, figlia di un famoso pittore: è proprio in questa fase che la pellicola si incarta per via di qualche lungaggine di troppo, nonostante il tentativo di puntare sulla psicologia dei personaggi e sui loro oscuri segreti (la chiave per scoprire l’identità dello psicopatico).
Anche se “Tell Me Something” non si può ancora definire un prodotto dal volto 100% sudcoreano, allo stesso tempo è impossibile negare l’importanza storica della suddetta pellicola. A tal proposito, alcune scene sono molto più estreme rispetto alla media occidentale del periodo (si tratta di un indizio non trascurabile per il radioso futuro di questa scuola cinematografica), senza dimenticare le splendide atmosfere urbane di Seul, una città qui perennemente battuta dalla pioggia.
In definitiva, “Tell Me Something” è un crime movie ancora acerbo dal punto di vista dell’originalità, ma già capace di mettere in circolo un linguaggio estetico tipicamente autoctono, nel quale trova spazio l’utilizzo di immagini gruesome per stomaci forti. Un film dunque imperfetto ma efficace, da considerare tra i capostipiti assoluti del thriller sudcoreano contemporaneo.

(Paolo Chemnitz)

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