13 Sins

di Daniel Stamm (Stati Uniti, 2014)

Nel lontano 2006, il thailandese Chookiat Sakveerakul scrive e dirige un thriller destinato a raccogliere applausi e consensi, “13 Game Sayawng” (ovvero “13: Game Of Death”). Trascorrono otto anni e qualcuno negli States decide di girare il remake del suddetto, snellendo il minutaggio ma aumentando considerevolmente il budget a disposizione: nasce così “13 Sins”, un film di puro intrattenimento che non tradisce affatto le attese.
Elliot (Mark Webber) è un venditore tormentato dalla sfiga, soprattutto quando viene licenziato in tronco per via del suo carattere troppo mite e remissivo. Egli non sa più come far fronte ai numerosi debiti, considerando che da lui dipendono economicamente sia il fratello Michael (un disabile mentale) che la fidanzata Shelby. Durante una notte, l’uomo riceve una misteriosa telefonata: qualcuno gli promette una lauta ricompensa in cambio della partecipazione a un gioco. Basta uccidere una mosca per guadagnare mille dollari, il primo (facile) tassello di una serie di (tredici) sfide sempre più sadiche e complesse. Quei soldi vengono accreditati veramente, ma per diventare milionari bisogna arrivare fino in fondo, pena l’annullamento di tutti i premi vinti in precedenza. La pellicola si sviluppa aggrappandosi a un crescendo sempre più estremo e vertiginoso, un vortice di azioni ciniche e sconsiderate che presto attirano l’attenzione della polizia (nel cast, c’è anche Ron Perlman nei panni del Detective Chilcoat).
Se negli ultimi mesi è esplosa la mania per “Squid Game”, bisogna comunque guardare indietro, fino ai prototipi cinematografici che hanno fatto da apripista per la celebre serie televisiva: un percorso che passa inesorabilmente da pellicole come “Battle Royale” (2000) o dal succitato film thailandese, remake incluso. Queste opere sono tutte accomunate dall’istinto di sopravvivenza dei vari protagonisti, quello stesso istinto capace di trasformare un povero inetto in uno spietato assassino. Per i soldi, c’è chi ammazzerebbe persino un proprio familiare.
La regia di Daniel Stamm è spartana ma efficace, al resto ci pensa invece una storia non priva di sorprese e di spruzzate di black humour (imbattibile la sfida con il cadavere!), anche perché in questo caso prendersi troppo sul serio sarebbe stato un autogol clamoroso. Nonostante il prototipo originario “13: Game Of Death” abbia una trama maggiormente elaborata, questo patinato “13 Sins” appassiona e scorre via in un battibaleno, mostrando di possedere le carte giuste per coinvolgere sia i fan dell’horror che i seguaci di un certo cinema commerciale ma audace nei contenuti. Più che sufficiente. 

(Paolo Chemnitz)

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