American Gothic

di John Hough (Gran Bretagna/Canada, 1987)

“American Gothic” è il titolo di un celebre quadro realizzato da Grant Wood nel 1930. Raffigura un agricoltore (con un forcone in mano) accanto a sua figlia (entrambi indossano degli abiti coloniali). L’opera è pregna di ambiguità, a cominciare dal volto teso e rigido dei due personaggi, da tempo considerati un simbolo della cultura rurale americana. La pellicola di John Hough riparte proprio da questi presupposti, oltre che da una locandina esplicitamente devota al succitato dipinto.
Nel film, l’azione si sposta dallo Iowa a un isolotto poco distante da Seattle: il piccolo velivolo su cui viaggiano alcuni amici è infatti costretto a un atterraggio di emergenza non lontano dalla costa. Il luogo, in apparenza disabitato, nasconde invece al suo interno una piccola casetta dentro la quale vivono Pa (un Rod Steiger sul viale del tramonto), Ma (Yvonne De Carlo) e i loro figli mentalmente ritardati (si tratta di tre adulti che ragionano in maniera infantile). Il gruppo di gitanti è costretto così a confrontarsi con questa coppia di rigidi fondamentalisti, i quali hanno rifiutato qualsiasi compromesso con la modernità, quella stessa modernità incarnata dai sei giovani malcapitati ovviamente privi di regole morali.
“American Gothic” ha una prerogativa di fondo che non giustifica affatto i suoi difetti: è stato realizzato nella seconda metà degli 80s, quando persino la grande ondata degli slasher si era definitivamente affievolita. John Hought gira dunque un prodotto sulla carta nostalgico ma in realtà annacquato da un’anonima regia televisiva e da una caratterizzazione dei protagonisti eccessivamente virata sul grottesco. Non a caso, la recitazione sopra le righe dei figli della coppia è davvero irritante, ma non va meglio neppure sulla sponda opposta, con la prova tutt’altro che esaltante dei sei giovani impegnati sul set (risulta poco interessante persino il personaggio chiave di Cynthia, una donna traumatizzata anni prima da un evento infausto).
Probabilmente, il budget ha influito non poco sull’assenza di immagini veramente forti: più che puntare sulla violenza, “American Gothic” cerca infatti di esplorare gli aspetti torbidi e morbosi di quella famiglia. È dunque la follia a dettare il ritmo della carneficina (nel torpore generale, spicca soltanto la scena dell’altalena), per un crescendo tuttavia privo della giusta tensione nonché di valide sequenze degne di essere ricordate. Qualche appassionato considera questa pellicola alla stregua di alcuni cult usciti durante quel periodo, ma se proviamo a spingerci al di là delle intriganti suggestioni dettate dal titolo e dalla locandina, “American Gothic” si rivela un lungometraggio per nulla memorabile.

(Paolo Chemnitz)

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