America Latina

di Damiano D’Innocenzo e Fabio D’Innocenzo (Italia/Francia, 2021)

Quello dei fratelli Damiano e Fabio D’Innocenzo è un caso alquanto particolare, almeno qui da noi: il cinema che cercano di proporre è infatti ben distante dai modelli nazionali visti negli ultimi anni, per un approccio raramente apprezzato a dovere dal sempre più assuefatto e pigro pubblico italiano. Per giunta, alcuni atteggiamenti del duo (risposte piccate nei confronti dei loro detrattori) non sono stati affatto di aiuto, considerando che è impossibile fare il lavaggio del cervello a quel nutrito stuolo di spettatori completamente impreparato davanti a titoli del genere. Non tanto l’interessante ma derivativo esordio (“La Terra Dell’Abbastanza”), quanto il successivo (controverso) “Favolacce” (2020) e il terzo “America Latina”.
L’America non esiste, è un non-luogo, mentre Latina c’è e non è tanto lontana dalla villa dove vive il benestante Massimo Sisti (Elio Germano), un dentista a cui non manca proprio nulla (una moglie devota, due belle figlie e dei buoni amici). Un giorno però, Massimo scopre qualcosa di raccapricciante nello scantinato della sua abitazione: lì sotto c’è una bambina legata e imbavagliata. Da questo preciso istante, la quotidianità del protagonista cambia drasticamente, perché l’uomo cerca di nascondere a tutti questa sua scoperta, indagando nel frattempo sul possibile aguzzino della piccola.
La trama sembra quella di un thriller, invece “America Latina” altro non è che uno psicodrama portato alle estreme conseguenze: al contrario delle precedenti esperienze, i gemelli D’Innocenzo buttano tutto il peso dello script sulle spalle di un singolo personaggio, un magnifico Elio Germano qui davvero esemplare nella sua allucinata interpretazione. Bene anche la fotografia e la colonna sonora (curata dai Verdena), altre due prerogative importanti capaci di sottolineare le atmosfere stranianti e angoscianti in cui siamo catapultati. Ciò tuttavia non basta per riempire i buchi di una trama fin troppo vuota nei contenuti (a tratti la pellicola sprofonda nella noia), un errore di valutazione che purtroppo tende ad affossare la sfrenata ambizione dei due registi.
Sarebbe stato ancora più intrigante un ulteriore approfondimento della location in cui si muove il dentista: conoscere le campagne attorno a Latina significa imbattersi in quelle che un tempo erano delle putride paludi, un panorama spesso desolante scelto appositamente per tratteggiare la psiche del protagonista. I titoli di testa non lasciano dubbi al riguardo, anche se con il passare dei minuti l’opera si focalizza soprattutto sulle riprese all’interno della villa, dove l’acqua delle tubature probabilmente simboleggia il turbolento passato di quelle terre.
Pur nella sua notevole messa in scena (asettica come uno studio dentistico), “America Latina” si rivela dunque un prodotto a due facce: coraggioso e audace da un lato (non mancano delle scene disturbanti), fumoso e velatamente pretestuoso dall’altro, nonostante un finale shock capace di chiudere il cerchio con un colpo secco. Anche se “Favolacce” ci era piaciuto di più, ciò non significa che il cinema di Damiano e Fabio D’Innocenzo si sia involuto. I due fratelli hanno solo bisogno di fare un upgrade per quanto concerne la fase di sceneggiatura (ormai è lampante, loro sono molto più bravi a dirigere che a scrivere).

(Paolo Chemnitz)

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