La Abuela

di Paco Plaza (Spagna/Francia, 2021)

Nonostante la recente incursione nel genere thriller con il valido “Quien A Hierro Mata” (2019), Paco Plaza è tornato indietro sui suoi passi, imboccando per l’ennesima volta la strada dell’horror: in verità, dopo il meritato successo di “[Rec]” e del suo primo sequel (sempre condiviso con il collega Jaume Balagueró), la corsa del regista di Valencia si è improvvisamente arrestata, senza mostrare alcun sussulto degno di nota.
“La Abuela” (o se preferite, “The Grandmother”) mette a confronto due donne legate da un rapporto molto speciale: da un lato conosciamo Susana (Almudena Amor), una modella sempre più apprezzata negli ambienti mondani parigini, una bella ragazza cresciuta senza genitori e dunque tanto devota a sua nonna Pilar (Vera Valdez). L’anziana signora è stata appena colpita da un ictus, motivo per cui Susana è costretta a rientrare immediatamente a Madrid per capire come gestire questa delicata situazione. Quando Pilar fa ritorno nel suo appartamento dopo il ricovero, nulla è più come prima, neppure con la presenza di Susana al suo fianco. Chi si nasconde dietro l’identità di questa innocua e malandata vecchietta? Gli indizi più inquietanti non tardano a sopraggiungere.
Con un soggetto così interessante tra le mani, Paco Plaza avrebbe potuto girare un ottimo film drammatico invece che rifugiarsi nella solita comfort zone piena zeppa di stereotipi: non a caso, è proprio la deriva sovrannaturale (con tanto di porte che cigolano o sbattono) a ridimensionare l’intero potenziale della pellicola, un’opera fin troppo legata a una certa tradizione horror iberica di recente memoria. La lentezza avvolgente diventa così un’arma a doppio taglio, perché se è vero che le atmosfere funzionano (il finale non delude l’attesa), c’è anche da dire che di momenti estenuanti se ne contano fin troppi (sforbiciare di una quindicina di minuti non sarebbe stata una cattiva idea).
Allargando il discorso al di là del cinema horror, “La Abuela” è un film che ci parla di distanza (anche generazionale), di un distacco ben definito tra due mondi forse incompatibili, uno spirituale e uno prettamente materiale (la nonnetta strega in opposizione alla modella rampante). Paco Plaza ci suggerisce molto di più rispetto a ciò che vediamo: questo è un bene, anche se la sua pellicola rimane inesorabilmente incastonata all’interno di un recinto poco avvezzo alle sorprese. Senza infamia e senza lode, se può bastare.

(Paolo Chemnitz)

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