Rawhead Rex

di George Pavlou (Gran Bretagna/Irlanda, 1986)

A volte bisogna davvero ringraziare il destino, perché se “Rawhead Rex” fosse stato un bel film, un anno dopo Clive Barker probabilmente non si sarebbe messo al timone di “Hellraiser” (1987), il suo capolavoro. Il miracolo è avvenuto: nel giro poco tempo, siamo passati da uno dei mostri più ridicoli dell’intera storia del cinema horror a un villain tra i più amati in assoluto, Pinhead. Nella pellicola in esame, Barker ha soltanto curato la sceneggiatura, adattandola al suo omonimo racconto contenuto nel terzo volume della raccolta “Books Of Blood”. Una storia sulla carta molto cruda e affascinante, qui però scevra di alcuni significativi particolari e assolutamente debole da un punto di vista iconografico.
Le vicende si svolgono nella campagna irlandese: mentre lo studioso Howard Hallenbeck sta compiendo delle indagini su alcune tombe presenti in una chiesa rurale, una tempesta colpisce e sradica dal terreno una grande colonna di pietra lì adagiata. Da qui risorge Rawhead (una creatura appartenente al folklore locale), l’orribile figura di cui sopra entrata di diritto nel best of del trash anni ottanta (un energumeno gommoso di tale caratura sarebbe stato perfetto sul palco assieme ai Gwar!).
Le uccisioni non mancano e tutto sommato in qualche frangente ci si diverte pure, ma chi negli anni passati ha parlato di cult movie, probabilmente ha mentito a se stesso, perché di “Rawhead Hex” si può avere soltanto un piacevole ricordo affettivo, niente di più e niente di meno. Dopotutto, la regia di George Pavlou è mediocre, così come le varie interpretazioni, nulla a che vedere con lo spirito originario del racconto di Barker (il quale, anni fa, aveva addirittura pensato di dirigere un remake della pellicola). Nonostante ciò, bisogna comunque ammettere che la coppia Pavlou/Barker aveva fatto persino di peggio pochi mesi prima, con l’inguardabile “Underworld” del 1985.
Parliamoci chiaro, se nel giro di un annetto il celebre e poliedrico scrittore inglese è riuscito a compiere un salto di qualità eccezionale, il merito è anche dei tanti errori commessi con “Rawhead Rex”, specialmente durante la fase di produzione. La scelta di un regista acerbo, la realizzazione di un mostro improbabile, uno script poco convincente rispetto al libro: gli spunti per fare della sana autocritica sono stati davvero parecchi, non c’è dubbio. Comunque sia, per i cultori del trash, un filmetto come questo è manna dal cielo.

(Paolo Chemnitz)

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