Chekist

di Aleksandr Rogozhkin (Russia/Francia, 1992)

Aleksandr Rogozhkin (1949-2021) ha dovuto attendere il crollo del blocco sovietico per mettere in scena un’opera di tale portata: persino lo stesso racconto a cui è ispirato il film (“Shtepka”, scritto da Vladimir Zazubrin nel 1923), fu pubblicato soltanto nel 1989. Neppure in tempi più recenti è andata meglio, perché dopo un rapido passaggio sugli schermi di Cannes, “Chekist” (oppure “The Chekist”) è letteralmente sparito dai radar. Troppo scomodo, troppo estremo, troppo brutale, anche solo per farlo rivivere in edizione home video.
La pellicola è ambientata durante il periodo del terrore rosso, una campagna di arresti di massa, deportazioni ed esecuzioni in cui furono coinvolti i controrivoluzionari in opposizione a Lenin. L’accanimento raggiunse i suoi massimi livelli dopo il tentato omicidio dello stesso Lenin e l’assassinio di un comandante della Čeka (la polizia politica sovietica nata nel 1917). Gli appartenenti alla Čeka erano chiamati per l’appunto čekisti.
Più che puntare sulla narrazione, questo lungometraggio mostra praticamente la ripetizione meccanica di una serie di atrocità: quello che fa gelare il sangue è l’aspetto psicologico di questi individui, talmente convinti della loro appartenenza ideologica da non voler accettare neppure un’opinione leggermente discordante. Andrey Srubov, qui a capo di questi uomini in divisa, è un personaggio spregevole, orribile, malato, convinto di agire per il bene del partito. Ma più di ogni altra cosa, bisogna rimarcare il fatto che i čekisti, consapevoli di restare impuniti, si potevano permettere di tutto, anche di arrestare e di giustiziare dei poveri innocenti.
Le esecuzioni di cui siamo testimoni sono sconcertanti, “Chekist” sembra infatti una catena di montaggio inarrestabile che prevede un interrogatorio farsa, un colpo di pistola in testa e un corpo nudo buttato su un carretto insieme agli altri cadaveri. In quello scantinato, piccoli plotoni attendono soltanto il turno successivo, la prossima famiglia da sterminare. Questo cinema disumano si rivela (ancora una volta) fondamentale per sbatterci in faccia l’indole più infima dei nostri simili, al di là del periodo storico, degli schieramenti o delle ideologie.
Estremo come un horror, scenograficamente scarno come giusto che sia, “Chekist” rappresenta l’ennesima faccia di un male incurabile ben radicato sul nostro pianeta. Un male chiamato uomo. Sconsigliato ai facilmente impressionabili.

(Paolo Chemnitz)

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