Latidos De Pánico

di Paul Naschy (Spagna, 1983)

Paul Naschy (pseudonimo di Jacinto Molina Álvarez) è stato un personaggio molto influente all’interno della cinematografia di genere spagnola. Lo ricordiamo non solo come attore in un centinaio di film, ma anche come sceneggiatore e come regista: Naschy era infatti un artista eclettico impegnato su svariati fronti, persino su quelli legati alla produzione (quando era possibile, i soldi ce li metteva lui).
“Latidos De Pánico”, conosciuto fuori dai confini iberici con il titolo “Panic Beats” (è possibile recuperarlo in una valida edizione home video della Mondo Macabro), non è un horror imprescindibile: anche se l’idea di fondo può essere accostata ai tanti slasher che affollavano le sale durante i primi anni ottanta, la pellicola si smarca decisamente dai modelli americani del periodo, citando a più riprese quella tradizione gotico-latina ormai tramontata da un bel pezzo (qui dopotutto ci muoviamo nei più classici territori eurotrash). Per rendersene conto, basta dare uno sguardo all’incipit, nel quale una ragazza nuda sta cercando di scappare da un individuo che la insegue indossando una pesante armatura (non appena la mdp inquadra il volto dell’uomo, non possiamo che sorridere davanti ai suoi occhi sgranati). Il soggetto in questione è Alaric De Marnac, la cui leggenda narra di terribili vendette nei confronti delle donne infedeli. Per l’occasione, il regista ha rimesso in circolo le gesta dell’omonimo personaggio già visto ne “Il Terrore Sorge Dalla Tomba” del 1973.
Poco dopo, conosciamo Paul Marnac (interpretato dallo stesso Naschy), erede di Alaric, il quale si reca nella campagna francese con sua moglie Geneviève: è proprio la protagonista a convincersi dell’esistenza di questo giustiziere, attraverso una serie di strani accadimenti che presto cominciano a perseguitarla. Le truci apparizioni di Alaric tra le stanze del castello non fanno altro che confermare la veridicità di questa raccapricciante storia.
Per apprezzare “Latidos De Pánico”, bisogna sopportare alcuni momenti di noia mortale in cui non accade assolutamente nulla: nonostante ciò, le poche ma riuscite impennate horror riescono in qualche modo a salvare il salvabile, complice una certa morbosità di fondo a tratti davvero inquietante. La sostanza dunque è misera, però il contenitore exploitation (nudi e violenza) qui trova i giusti appigli per non sfigurare, considerando che siamo al cospetto di una pellicola realizzata nel 1983, perciò fuori tempo massimo. Insufficiente, ma con il suo perché.

(Paolo Chemnitz)

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