
di Michel Lemoine (Francia, 1976)
Il titolo originale di questo lungometraggio è “Les Week-Ends Maléfiques Du Comte Zaroff”, ovvero un riferimento esplicito a “The Most Dangerous Game” del 1932 (film in cui il protagonista in negativo era proprio un tale Conte Zaroff). Nel caso di “Sette Femmine Per Un Sadico”, a entrare in gioco è invece suo figlio, un uomo plagiato dal suo maggiordomo affinché egli possa proseguire sulle tristi orme del padre (Zaroff è stato uno dei primi grandi psicopatici della storia del cinema).
Michel Lemoine, ispirandosi per l’occasione ad alcune pellicole di Jess Franco e a un certo tipo di immaginario post-gotico (le opere di Jean Rollin), non poteva comunque competere con la poetica visionaria di chi lo aveva appena preceduto. Nonostante ciò, “Sette Femmine Per Un Sadico” è un film completamente strambo, dunque da segnalare tra i prodotti più curiosi dei 70s, almeno per quanto riguarda la Francia.
L’incipit (l’impatto è notevole) ci catapulta tra i deliri del Conte, un ricco uomo d’affari tormentato proprio dal suo passato. Queste allucinazioni si trasformano in realtà non appena egli riceve una coppia in vacanza nel suo castello: scopriamo quindi una stanza delle torture e altri strumenti di morte ereditati per l’appunto dal nostro protagonista (per giunta, Boris Zaroff è interpretato dallo stesso Lemoine, la cui bizzarra nonché pessima recitazione ha comunque i suoi motivi per essere apprezzata).
Ad ogni modo, c’è poco da salvare tra questi fotogrammi: una buona fotografia, una colonna sonora riuscita ma soprattutto alcuni sprazzi exploitation davvero intriganti, sia da un punto di vista prettamente pruriginoso (queste femmine non sono affatto sette ma sono attrici dal fascino incredibile) che da quello puramente legato al genere di riferimento (alcune scene ci ricordano che questo è pur sempre cinema horror). Non a caso, la violenza del Conte si rivela spesso infame e altamente misogina, un aspetto già ampiamente sottolineato da un titolo italiano a dir poco spregiativo (l’utilizzo di femmine al posto di donne).
Bisogna ovviamente ringraziare la censura francese, perché se l’opera di Lemoine ha raggiunto negli anni lo status di cult, è stato anche per via di un divieto di distribuzione durato per molto tempo, l’ennesima medaglia da appuntare sul petto al di là dei (non) meriti del film. “Sette Femmine Per Un Sadico” è infatti un prodotto minore rispetto ai tanti lavori provenienti dal sottobosco transalpino dei 70s, il canto del cigno di un regista poi sprofondato nel giro di pochi anni negli ambienti pornografici (stesso destino di Jean Rollin, del resto).

(Paolo Chemnitz)

…in effetti, un pornazzo alla fine è quel che sembra 😀
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