
di Nick Zedd (Stati Uniti, 1979)
Quello di Nick Zedd (1958-2022) è un nome che gli amanti dell’underground conoscono molto bene. La sua recente scomparsa non è passata inosservata, considerando il ruolo centrale di Zedd all’interno della controcultura punk newyorkese soprattutto nel corso degli anni ottanta (è stato proprio lui a scrivere il Manifesto del Cinema della Trasgressione nel 1985). Durante questo periodo, Nick Zedd ha collaborato attivamente con una serie di personaggi del calibro di Lydia Lunch (con la quale egli ebbe una relazione) e Richard Kern, sperimentando le derive più estreme e sovversive del movimento artistico no wave.
Pur non essendo il suo lavoro più celebre, “They Eat Scum” rappresenta il trampolino di lancio per Nick Zedd: se da un lato ci troviamo al cospetto di un filmetto amatoriale girato in super8 alla meno peggio, bisogna tuttavia rimarcare il successo a livello sotterraneo di questa pellicola (tra i primissimi ammiratori, non potevano mancare Amos Poe e John Waters). A proposito di Waters, la pellicola sembra riprendere il filo conduttore di alcune sue opere, puntando principalmente sul disgusto e sul trash più deflagrante. Più che soffermarci sulla trama (in realtà inesistente), dobbiamo quindi focalizzarci su alcune scene di assoluto disagio, come quella in cui vengono leccate le parti intime di un barboncino oppure quando il regista lascia spazio a qualche delirante siparietto cannibalistico. In mezzo a tutto ciò, “They Eat Scum” ci sbatte in faccia una verbosità a tratti insostenibile, oltre a tanta musica punk (la protagonista del film, Donna Death, all’epoca era fidanzata con Zedd).
L’influenza di John Waters resta comunque legata alle singole sequenze del film, perché se osserviamo l’opera con uno sguardo più profondo, ci accorgiamo che il cinema di Nick Zedd è in debito costante con le idee e con i concetti ereditati dalla factory warholiana. Dopotutto New York era davvero una città in continuo fermento, un mosaico di sensazioni e di intuizioni che non smettevano mai di rincorrersi: dunque musica, cinema, arte contemporanea e non solo (un esempio lampante di questo approccio interdisciplinare ci arriva dal contemporaneo “The Driller Killer”, uscito proprio nel 1979).
Anche se Richard Kern rimane la stella indiscussa di questo movimento cinematografico di stampo esplicitamente anarchico, i meriti di Nick Zedd sono sotto gli occhi di tutti: ancora oggi è opportuno analizzarli non solo in antitesi all’ingombrante potenza commerciale di Hollywood, ma anche come risposta sovversiva all’America di Ronald Reagan. Certo, “They Eat Scum” sarebbe stato perfetto se fosse stato un semplice cortometraggio (sia Zedd che Kern giungeranno molto presto a queste conclusioni), ma nessuno può mettere in discussione la sua importanza nel circuito underground di una metropoli intellettualmente più viva che mai. La coerenza no wave è servita, al di là di una confezione qui inevitabilmente imbarazzante.

(Paolo Chemnitz)

Non è il capolavoro del mitico Nick. (“Police State”, 1987). Lo seguivo su Insta e spesso mi rispondeva ai commenti, in questo periodo stavo leggendo “Please Kill Me” di McNeil (non c’entra nulla ma la sua influenza mi spingeva a sentirmi vicino alla N.Y. tra fine ’70s ed inizio ’80s, maledetta e colta); persona splendida. Così autentico. Ribelli così oggi ce ne sono pochi (nessuno?!). God bless you Nick. (Lo scrivo perché detto in tua memoria sembra una bestemmia). Ihih. ❤. Firmato: N.S.
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